I russi in rivolta per i roghi e Putin si veste da pompiere

MoscaÈ ormai chiaro che la peggiore ondata di caldo del millennio in Russia ha trovato impreparati tutti nel Paese: dal governo centrale alle amministrazioni locali, mettendo in luce l’inadeguatezza della «verticale del potere» putiniana. E ora che la situazione è davvero precipitata e la popolazione inizia ad alzare la voce, la priorità politica è contenere i danni d’immagine.
Mosca è diventata una camera a gas. La capitale soffoca sotto la nube tossica di smog e fumo, provocato dagli incendi di boschi e torbiere che da un mese flagellano il Paese. Ancora non esiste un centro di assistenza unico, cui i moscoviti possano rivolgersi. La popolazione è costretta a rimanere chiusa in casa: un’esposizione all’aria aperta superiore alle cinque ore giornaliere è ritenuta pericolosa. Nelle farmacie mancano le mascherine anti-gas, consigliate dai medici. I principali aeroporti sono isolati per la scarsa visibilità. Blog e giornali indipendenti lamentano l’inefficienza e la lentezza dei soccorsi. L’allarme per i siti nucleari resta alto. Lo stato d’animo generale è di rabbia e depressione. I pompieri e l’esercito devono combattere con un’area di fuoco che copre 1.740 chilometri quadrati, ma anche con la scarsa disponibilità di carburante, forniture d’acqua insufficienti e persino la mancanza di attrezzature base come scarponi ignifughi. Le famiglie colpite dai roghi vogliono garanzie di riavere una casa entro l’inverno. I morti per le fiamme sono 52, mentre nulla si sa dei decessi da caldo e smog.
Di fronte a quello che la stampa nazionale ha definito «l’inferno in terra», i politici non si assumono alcuna responsabilità. Nessuno sente il bisogno di giustificarsi con gli elettori: il sistema di forte centralizzazione del potere, instaurato da Vladimir Putin, non prevede elezioni per i governatori regionali e ha abituato la popolazione a giocare un ruolo passivo nella vita politica. Soltanto uno dei sette governatori delle zone più colpite si è dimesso. Il sindaco di Mosca Luzhkov è tornato dalla ferie solo domenica, quando ormai le critiche dei media erano diventate insostenibili.
Il presidente Dmitri Medvedev si tiene in disparte: rassicura la popolazione, invita a non strumentalizzare la crisi per screditare il governo, ma sembra più impegnato nella riforma del ministero dell’Interno e nelle celebrazioni dell’anniversario della guerra con la Georgia. Il fuoco che ha messo in ginocchio il Paese, ha anche trasformato in pura utopia agli occhi del mondo la sua politica di modernizzazione del Paese, che da sempre incontra non poche resistenze in Putin. Il quale ora canta vittoria.
Con l’opposizione politica praticamente assente e i media governativi che coprono quotidianamente le sue eroiche visite sui luoghi della tragedia, è lui a giocare la parte del salvatore. Dopo aver addossato tutte le colpe alle autorità locali, Putin ha chiesto la testa dei governatori responsabili di non essere riusciti a contenere il disastro. Intanto, gira ogni giorno villaggi e foreste carbonizzate affrontando il caldo con i pompieri. Promette soldi alle vittime: 100mila dollari a ogni famiglia che ha perso la casa. Stringe mani e risponde pacato a chi osa protestare. A un blogger di Tver che ha denunciato come «ai tempi del comunisti, avevamo almeno un laghetto come riserva d’acqua contro gli incendi e una campana per gli allarmi», il premier ha inviato una e-mail in cui gli dà ragione e promette di intervenire prontamente.
Gli ambientalisti tentano di riequilibrare la situazione ricordando come proprio l’allora presidente Putin abbia dato un colpo di grazia alla prevenzione degli incendi approvando nel 2007, «sotto pressione dell’industria del legno, il nuovo Codice forestale che ha tagliato del 75% il numero dei forestali sul campo, per assumerne 12mila come impiegati in ufficio», spiega Alexej Yaroshenko di Greenpeace Russia.


Nonostante tutto, un reale cambiamento dell’opinione pubblica nei confronti del governo è improbabile. La popolarità di Putin è l’unica cosa in Russia non minacciata dalle fiamme. E le presidenziali sono soltanto tra due anni.

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