I silenzi assordanti e il diritto alla memoria degli innocenti

(...) Tre semplicissimi punti, quelli di Cassinelli. Primo: «Ero in piazza perché penso che il 25 aprile sia una festa di libertà e non una festa comunista, nella quale è stata troppo spesso trasformata. E noi moderati abbiamo sbagliato regalandogli una data che non è loro, ma di tutti». Secondo: «Avevo già lasciato la piazza quando ha parlato Nando Dalla Chiesa, ma ovviamente non condivido il suo comiziaccio politico che, per l’appunto, nulla ha a che vedere con una festa di tutti». Terzo: «Al di là del giudizio storico e senza voler riscrivere i fatti, occorre pensare con umanità e rispetto assoluto a coloro che, soprattutto giovani e giovanissimi, si sono arruolati nella repubblica di Salò, spesso guidati da veri ideali e da spirito di avventura. Ciò non significa rivalutare fascismo e nazismo, ma quelle storie personali vanno rispettate».
Intendiamoci, non è che le parole di Cassinelli siano la prova di un cuor di leone. Sono semplicemente parole di buon senso. E parole di umanità, pronunciabili anche senza il cuore di panna di cui è dotato Roberto, quasi un anello mancante fra un politico e un cornetto Algida, una specie di Che Guevara del Pdl «duro senza mai perdere la tenerezza».


Eppure, anche parole come quelle del deputato pidiellino, parole minime, risultano rivoluzionarie in una città e in una regione dove, troppo spesso, i vinti sono scippati non solo della vittoria, ma anche del diritto minimo a un ricordo e a una preghiera. La battaglia contro questi silenzi - anche e soprattutto quelli di coloro che pontificano su tutto, a destra come a sinistra - sarà sempre la nostra battaglia.

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