«I soggetti inediti di Federico Fellini? Li completeranno i miei studenti»

Davanti alla stazione, dentro un albergo, c’è una bottega che fabbrica storie: come ambientazione per un racconto è perfetta. Sicché un logo dell’industria letteraria come Carlo Lucarelli ha deciso di insediarci addirittura una scuola di scrittura. Si chiama Bottega Finzioni, apre a Bologna in una sala dell’Hotel Mercure a gennaio e ha già materiale su cui lavorare: trenta soggetti originali, mai prodotti, firmati Fellini. Affidati a Lucarelli, Giampiero Rigosi e Michele Cogo, che insieme allo scrittore dirigeranno la scuola, dalla Fondazione intitolata al regista riminese. Le sceneggiature de «I film nel cassetto di Federico Fellini» verranno portate a termine dagli allievi della Bottega con la supervisione di Ermanno Cavazzoni. C’è di che far tremare le pareti della Holden di Baricco. L’annuncio arriva mentre a Rimini viene consegnato dalla Fondazione, neodiretta dal semiologo Paolo Fabbri, il Premio Fellini 2010 a Paolo Sorrentino, regista ma anche caso editoriale con Hanno tutti ragione (Feltrinelli). La fiction è sempre più prodotto ibrido, il narratore è romanziere, ma anche sceneggiatore e documentarista. Proprio come Lucarelli, al quale abbiamo chiesto anticipazioni sui lavori in corso.
Usare gli scritti del Maestro è una responsabilità...
«Ma anche uno stimolo. Ciò che verrà fuori dovrà essere magnifico».
Nessun timore di polemiche? Fellini trattato da un manipolo di esordienti...
«Non per questo lavoreranno male. E poi li segue Cavazzoni, uno che oggi sarebbe stato di fianco a Fellini a scrivere».
Come sono questi soggetti felliniani?
«Piccole favole compiute, di straordinaria capacità affabulatoria. Alcuni emozionanti anche da vedere: scritti a macchina, con correzioni, rimandi, cancellazioni. Due, tra i primi cinque che useremo, sono del tutto inediti: Il contino e le millemiglia è la storia di un signorotto della provincia romagnola, impotente e appassionato d’auto. Porterà a letto la Sferrazza, una contadinotta dai tettoni materni, invocando l’eccitazione con il rombo delle auto d’epoca. In Grande Soiree due adolescenti obbligano la domestica Rosina a “giocare”: la fanno vestire, truccare, ballare, bere, finché non finiscono a letto insieme. Ma si addormentano».
Potrebbero diventare un libro?
«Perché no? Fellini era giornalista e narratore, oltre che regista».
Ma lei lo ha conosciuto?
«Io ci ho lavorato».
Per quale progetto?
«Per un videoclip degli U2, di cui avrebbe dovuto fare la regia. Lavoravo con Stefano Salvati, ogni giorno lo sentivamo al telefono. Il Maestro non doveva aver molta voglia di concludere perché tirava in lungo chiedendomi ogni volta un soggetto più dettagliato, con quella voce così tipica, cantilenante, ironica... Ma era troppo gentile per dirci di no».
I film di Fellini che ama di più?
«I vitelloni, di cui mi sarebbe piaciuto un sequel. O una modernizzazione: oggi ce ne sono tanti con quella stessa concezione edonistica del vivere... E poi Amarcord, roba di famiglia per noi che siamo nati qua. Son cambiati i dettagli, ma lo spirito romagnolo, le iperboli che infiliamo nel vivere sono ancora quelli».
Hanno ispirato anche qualcuno dei suoi romanzi?
«Ne L’isola dell'angelo caduto e in Guernica c’è quel modo di vedere il mondo sopra le righe, pieno e ironico, tutto felliniano».
In questi giorni sta anche chiudendo il suo nuovo thriller.
«Il sogno di volare è ambientato nella Bologna di oggi, senza sindaco, irriconoscibile persino a se stessa. Il tema dominante è la rabbia, la storia è sempre di omicidi».


Ma lei, esperto di misteri, un mistero in Fellini lo ha trovato?
«In un genio c’è sempre qualcosa in più da capire. Ma un noir con dentro lui non riuscirei proprio a scriverlo: era troppo aperto, autoraccontato, immerso in un mondo tra infanzia e sogno».

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