«I soldi che ho preso erano solo un regalo»

Gianluigi Nuzzi

nostro inviato a Potenza

«Ho sempre preferito fare l’amore a pagamento con delle prostitute per non avere complicazioni. Sui videopoker poi confermo: sì avevo interesse di piazzarli in Russia, ma non mi chieda le schede o come sono fatti, manco uso il Pc!». Vittorio Emanuele imbocca la strada del dialogo con la Procura di Potenza, con John Woodcock e il gip Alberto Iannuzzi, su consiglio dell’avvocato Ludovico Isolabella. Cinque ore di interrogatorio. Con ammissioni che l’accusa giudica importanti. Ammette ad esempio di aver ricevuto soldi per il suo interessamento proprio nella vicende delle «macchinette». Certo nega che sia stata una tangente, circoscrive i mille euro incassati a un «ringraziamento» perché si era interessato e come iscrizione all’ordine Mauriziano. Nessuna tangente pagata o data, ma «l’incarico a Narducci (suo assistente) perché la pratica legittima al Ministero si sbloccasse, visto che «dormiva» negli archivi. Nei dettagli Vittorio Emanuele dice di non sapere. «Non so cosa fece Narducci o De Luca», il Monopolio (dove si sarebbe sbloccata la pratica dietro il pagamento della mazzetta), non sa bene cosa sia. Insomma, Vittorio Emanuele cestina quella dichiarazione spontanea già pronta da leggere per chiudere l’interrogatorio in dieci minuti. E risponde domanda su domanda. Sembra quindi che il Principe punti a ottenere, e in fretta, gli arresti domiciliari. Certo, siamo lontani da una confessione, ma la collaborazione, l’apertura, è forte. Tanto da spaccare il collegio difensivo, con l’avvocato Piervito Bardi che nella sala colloqui del carcere di fronte a questo cambio per lui repentino, si alza e se ne va ad aspettare i colleghi in anticamera. Subentrerà il penalista Franco Coppi, già difensore di Giulio Andreotti. Nessuno conferma ufficialmente, ma è andata così. «Il Principe ha scelto di rispondere - spiega l’avvocato Isolabella - con parole chiarificatrici. È molto stanco ma sereno. E ciò che più rimpiange è la mancanza della moglie». Che però «non vuole incontrare in cella ma appena uscirà da qui». Sebbene dal Tribunale sia già arrivata l’autorizzazione ai colloqui con i familiari.
Insomma, la difesa sta misurando quanto può venire incontro alla procura per strappare i domiciliari. «Aspettavamo le autorizzazioni per le macchinette delle sale giochi - ha ancora messo a verbale Vittorio Emanuele -. Le volevo portare in Russia, non in Libia, perché lì ho delle amicizie. Ma quando i nulla osta sono arrivati l’affare è saltato perché la Russia li aveva a prezzi inferiori. Certo per il mio interessamento, per aver messo a disposizione una persona a seguire la vicenda e speso il mio nome, non è un peccato aspettarsi un regalo».
Vittorio Emanuele ha così fatto partire il conto alla rovescia per tornare a casa. Intanto, la detenzione. Ieri si è presentato all’interrogatorio in camicia bianca con lo stemmino dei Savoia e gessato grigio (lo stesso di quando lo hanno arrestato). Nell’anticamera ha conosciuto e visto per la prima volta Woodcock. Il pm, insolitamente in giacca e cravatta, non l’ha mai chiamato Principe o altezza. Lunedì pomeriggio in una saletta ha visto i telegiornali della sera insieme ad altri detenuti e sfogliato i quotidiani. In cella nessuno cucina. Solo il faccendiere De Luca ha acquistato un fornellino per preparare delle pietanze. Nella cella di Vittorio Emanuele è invece alloggiato anche Migliardi, l’altro arrestato che da due giorni l’accusa. Sul fronte investigativo, invece, confermata l’indiscrezione del Giornale sulla pista massonica. Woodcock ritiene che l’Ordine Mauriziano sia stato una sorta di anticamera di una loggia occulta tipo P2.

Bisogna registrare poi la costituzione del procacciatore di clienti per il casinò di Campione Ugo Bonazza, l’unico a essere sfuggito alla retata di venerdì e considerato il tramite fra Savoia e il gestore di videopoker Rocco Migliardi, l’uomo che avrebbe consigliato a quest’ultimo di rivolgersi al principe (in cambio di 20mila euro) per far sbloccare la pratica di autorizzazione delle sue macchinette ai Monopoli di Stato. Infine l’apertura di una nuova inchiesta con l’interrogatorio del faccendiere Antonio Piazza da parte della Direzione distrettuale antimafia.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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