I soldi dei liguri nelle tasche della giunta

I soldi dei liguri nelle tasche della giunta

Senza limiti. Dopo aver ridotto a nulla i suoi alleati dell’Idv, Claudio Burlando cancella anche il consiglio regionale, riducendolo a uno sfogatoio per delegazioni di lavoratori senza lavoro o a una palestra per esercizi dialettici alle dipendenze del presidente dell’assemblea.
Ieri mattina la giunta ha proposto un emendamento con il quale si toglie al consiglio persino la possibilità di controllare come spendono i soldi dei liguri Burlando e i suoi assessori. «La giunta è autorizzata ad effettuare, con atto amministrativo, le variazioni al bilancio per l’esercizio 2011, allo stato di previsione dell’entrata e corrispondentemente allo stato di previsione della spesa, conseguenti alle operazioni di gestione del patrimonio immobiliare di cui al presente articolo per l’importo di 80 milioni e 500mila euro». Cioè i soldi ricavati dalla cartolarizzazione, dalla vendita dei gioielli di famiglia dei liguri, saranno gestiti liberamente dalla giunta senza rendere conto a nessuno. Basterà «un atto amministrativo». Il tutto alla faccia dei discorsi di «collaborazione» e del «buon clima politico» cui lo stesso Burlando aveva appena invitato tutti.
«Tra consiglio e giunta c’è differenza - ha rincarato la dose il governatore -. Al consiglio spetta un compito legislativo, alla giunta quello di gestione delle risorse». Una forzatura di qualunque principio democratico, visto che, secondo questa logica, non servirebbe neppure votare un bilancio perché rientrerebbe nella «gestione» della cosa pubblica. E quindi la legge di bilancio sarebbe solo una seccatura che lega le mani al governatore sempre più infastidito dalla necessità di confrontarsi con avversari e alleati-sudditi.
A poco sono servite le reazioni sdegnate di Luigi Morgillo del Pdl, di Edoardo Rixi della Lega e di Lorenzo Pellerano della Lista Biasotti che hanno chiesto un ripensamento. La maggioranza, allineata al volere del leader, si è limitata a sfilacciarsi perdendo 4 voti (assenti al momento della votazione) ma nulla più. E poco più tardi, quando ancora Pellerano ha presentato un emendamento che avrebbe imposto per la vendita di beni della Regione l’obbligo di un preventivo passaggio in consiglio, si è ripetuto il diktat di Burlando. Visibilmente preoccupato dal fatto che Armando Ezio Capurro aveva annunciato di stare con l’opposizione e che, almeno stavolta, i rappresentanti dell’Idv avevano seriamente preso in considerazione l’ipotesi di non perdere di nuovo la dignità, lo stesso presidente si è mosso tra i banchi dei consiglieri. Prima ha tentato di far avanzare al capogruppo Pd una controproposta poi, richiamato da Monteleone perché aveva dimostrato di non conoscere neppure il regolamento, lo ha fatto fare ad Alessio Cavarra. Ma la sostanza è cambiato poco. Pellerano e l’opposizione tuta chiedevano che fosse il consiglio a doversi esprimere sulla vendita dei beni. La proposta suggerita da Burlando prevede che decida la giunta, «sentita la commissione consiliare competente». Cioè basterà un fax per avvertire, poi la giunta farà sempre quel che le pare.
L’emendamento Cavarra ha visto l’Idv aspettare a esprimere un voto, con i consiglieri a guardare prima le luci verdi o rosse dell’opposizione. Poi, visto che il centrodestra (Lega esclusa) si accontentava di aver messo in difficoltà la maggioranza portando a casa qualcosina di formale, anche i dipietristi hanno votato «sì», evitando di far arrabbiare il capo. Clamoroso poi il ribaltone della vice presidente Marylin Fusco, paragonato da Matteo Rosso del Pdl come i «piedi di argilla della maggioranza che si stanno sgretolando».

Fusco nel pomeriggio aveva votato a favore di un altro emendamento della minoranza, insieme al gruppo Idv e a Capurro, facendolo passare e mandando sotto la maggioranza. Subito dopo ha però chiesto di cambiare il suo voto, portando l’esito sul 17 pari. E dire che si chiedeva di dare ai Comuni la prelazione di acquisto dei beni venduti dalla Regione nel loro territorio.

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