I taccuini segreti che svelano la pittura di Basquiat

In mostra i diari privati sui quali l'artista, morto nel 1988 a 27 anni, annotava idee, progetti, intuizioni Dentro ci sono ribellione e furbizia

I taccuini segreti che svelano la pittura di Basquiat

Nello stesso periodo in cui si può finalmente consultare l'archivio privato di Kurt Cobain attraverso il film documentario Cobain: Montage of Heck , opera del regista Brett Morgen, che sarà visibile in Italia solo per due giorni (28 e 29 aprile) dopo essere stato presentato al Festival di Berlino, un'altra grande rockstar, ma questa volta dell'arte, tira fuori i segreti più reconditi dai cassetti, fra inediti e rarità. Si tratta di capire se siamo in presenza - per continuare il parallelo tra musica e pittura - dell'ennesimo tentativo di fare business con outtakes e Bsides o se invece l'operazione è meritoria, ovvero porta alla luce aspetti sconosciuti ai fan.

Pochi giorni fa si è aperta al Brooklyn Museum di New York (fino al 23 agosto) una curiosa mostra che ha per protagonista Jean-Michel Basquiat. Dal momento della morte (12 agosto 1988) la sua popolarità è cresciuta esponenzialmente, soprattutto per i ragazzi del terzo millennio sedotti dal fascino ribelle del pittore con i dreadlocks . Sul web risulta il secondo artista più cliccato dopo Andy Warhol e nel 2013 il suo dipinto Crown Hotel (Mona Lisa Black Background) è stato venduto alla cifra record di 5 milioni e mezzo di dollari in un'asta da Sotheby's.

In questo caso non si tratta però di una rassegna di opere del celeberrimo «Picasso nero», ma degli Unknown Notebook , ovvero dei taccuini sconosciuti che costituiscono un corpus parallelo alla straordinaria ma breve attività pittorica. Questi appunti servivano a Basquiat per fermare idee, immaginando sviluppi possibili nei grandi quadri. In essi appaiono le fitte trame di quella scrittura corsiva che è uno dei segni inconfondibili della sua poetica. A differenza del collega Keith Haring, altro eroe popolare dell'arte americana degli Ottanta e anch'egli scomparso giovanissimo, autore per anni di un diario di ricordi e di memorie, Basquiat concepisce quest'esercizio solo in funzione della pittura, catturando frammenti e citazioni un po' ovunque: cultura di strada, riferimenti letterari, la Bibbia, interessi musicali, tutto ciò che aveva a che fare con le radici africane e la storia popolare delle proprie origini.

Di questa rinascita della «negritudine» Basquiat è stato il protagonista assoluto, aprendo una strada che oggi appare normale. Ma allora non era così. Fu infatti il primo artista di colore a diventare famoso a livello internazionale e l'unico a essere riconosciuto come una celebrità da un pubblico ben più ampio di quello dell'arte, che infatti continua ad affollare le sue mostre. Nato a New York nel 1960, di origini haitiane da parte di padre e portoricane di madre, da ragazzino, quando visitava i musei, si stupiva della totale mancanza di artisti neri nelle collezioni del MoMA o del Brooklyn Museum ove oggi ottiene l'ennesima glorificazione. Nelle sue opere sono infatti evidenti i riferimenti alla tradizione estetica afroamericana. E temi come razzismo, integrazione, segregazione sono centrali per comprenderne la forza.

I suoi miti sono quei personaggi che, nonostante il diverso colore della pelle, ce l'hanno fatta, affrontando la società bianca con le loro straordinarie capacità. Come pittore, si sente seguace di Charlie Parker, Miles Davis, Cassius Clay, i giocatori di baseball Hank Aron e Jackie Robinson. Ma questo carattere non lo rende certo un artista sensibile più di tanto ai temi del sociale: Basquiat sa che la blackness può essere un interessante spunto per farsi conoscere e fare soldi, infatti il successo giunge immediato e incontrollabile e questo gli serve per compiere una scalata sociale rapidissima che lo porta in breve nel jet set di Manhattan. Fidanzato con Madonna, modello per Giorgio Armani, inseguito dai galleristi di tendenza, Basquiat capisce molto in fretta il potere del denaro come arma di riscatto (anche se povero non lo è mai stato).

Questo suo carattere ambiguo è davvero più tipico di una star del rock che non di un pittore proveniente dalla strada. Continua ad affascinare il pubblico la sua vicenda biografica, breve e abbacinante parabola che incarna il mito contemporaneo dello Die young , stay pretty .

Possiamo sforzarci di immaginare cosa avrebbe combinato un Basquiat di mezza età: oggi avrebbe 55 anni come molti colleghi partiti con lui e ancora attivi. Se fosse maturato affinando il proprio stile, magari perdendo parte della proverbiale ruvidezza, dell'istinto animale...

Ma molta della sua fortuna è legata alla morte giovanile, che lo ha reso una leggenda.

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