I talebani pronti ad accerchiare Kabul

«Khoyeh Meer dice di non aver più una manciata di grano, dice anche che i mullah stanno facendo il giro dei villaggi imponendo alla popolazione di non assistere gli inglesi... la popolazione musulmana è tutta contro di noi». Lady Florentia, moglie del generale inglese sir Robert Henry Sale, lo scrive il 3 dicembre 1841, un mese prima di assistere al massacro di 16mila soldati in fuga da Kabul e di cadere lei stesa prigioniera degli afghani. In questo torrido fine agosto afghano l’ultracentenario «Diario di un disastro» scritto in prigionia da Lady Florentia è di nuovo un bestseller. Per molti stranieri residenti a Kabul la storia è pronta a ripetersi.
Come nel 1989, quando i sovietici si ritrovarono senza rifornimenti. Come nel 1996 quando i mujaheddin che avevano messo in fuga l’Armata rossa si ritrovarono assediati dai talebani. Stavolta a diffondere pessimismo non sono i racconti di Khoyeh Meer, ma quelli dei camionisti che sfidano i talebani per rifornire Kabul e Kandahar. «I razzi dei guerriglieri hanno sfiorato il mio camion e colpito i due appena dietro, da un mese la strada non è più sicura», racconta Abdul Hamid, un camionista 35enne scampato alle imboscate sulla strada da Jalalabad a Kabul. Verso Kandahar, l’ex capitale del regno talebano, è anche peggio. «Da lì, se non c’è l’esercito afghano, non passa neanche una mosca... la scorsa settimana un convoglio ha perso 13 veicoli su sessanta», riferiscono i colleghi di Abdul. E chi sopravvive si guarda bene dal riprovarci. «I talebani mi hanno già avvertito, se mi prendono mi buttano nel cassone e mi bruciano vivo», aggiunge il terrorizzato Hamid.
L’infiltrazione talebana sino alle porte di Maydan Shar, una quarantina di chilometri a sud ovest della capitale, è stata pianificata alla fine del 2007 dal fratello del mullah Omar, responsabile delle operazioni militari del movimento. «I nostri militanti accerchieranno Kabul politicamente e militarmente per bloccare la logistica della Nato, questo dimostrerà che siamo in grado di paralizzare la vita nella capitale», spiega il portavoce del movimento Zabihullah Mujahid riassumendo la nuova strategia.
I dieci morti francesi negli scontri di martedì nella zona di Surubi, 60 chilometri ad est di Kabul, le raffiche di attacchi suicidi intorno alla base di Khost nodo nevralgico per tutti gli spostamenti americani nel sud est del paese - sembrano in effetti il preludio di una manovra a tenaglia. Nei piani degli insorti l’assedio potrebbe concludersi con l’arrivo del “generale inverno” e il “congelamento” delle retrovie dell’Alleanza atlantica.
I generali della Nato - pur concordando sulla necessità di coordinare meglio l’azione degli oltre 70mila soldati americani ed alleati - non accettano l’idea di un’imminente débâcle e sottolineano l’efficacia di un’aviazione e di un potenziale tecnologico militare in grado di evitare qualsiasi blocco logistico. Ma Washington e Bruxelles sanno di non aver molto tempo.

Gli Usa, non a caso, già pensano di concedere mano libera al Pentagono sullo scenario pakistano per distruggere i santuari talebani e alqaidisti, impedire nuove infiltrazioni e riprendere il controllo delle vie di transito da Kabul al confine meridionale. Una forza straniera in grado di rifornirsi e combattere, ma incapace di garantire gli approvvigionamenti alla popolazione civile afghana, rischia infatti di trasformarsi nel simbolo di un fallimento.

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