Salvo Mazzolini
da Berlino
Maleducazione, chiasso, molestie, mancanza dello spazio vitale minimo. Addirittura pericolo di finire all'ospedale. Insomma un incubo. È questo il quadretto delle spiagge italiane tracciato dalla Dpa, la più importante agenzia giornalistica tedesca, che ogni estate sguinzaglia i suoi inviati nelle località turistiche per capire cosa troveranno i tedeschi che, tra giugno e settembre, calano sulle rive del Mediterraneo alla ricerca di sole, mare e riposo.
E per quanto riguarda il nostro Paese la conclusione è già nel titolo dell'inchiesta: «Addio bella Italia». «Se siete amanti della tranquillità state alla larga da Rimini, Riccione e Rocco Camogli, andate nei Caraibi o nelle Maldive», si legge nell'articolo subito ripreso dal Die Welt, uno dei più diffusi quotidiani tedeschi, e dal giornale on-line Netzeitung. Ennesima puntata dell'eterna polemica tra italiani e tedeschi? Non proprio perché molti degli aspetti negativi rilevati nell'inchiesta fanno parte, purtroppo, del costume nostrano. Inoltre dalle precedenti puntate dedicate ai nostri concorrenti turistici, Spagna e Croazia, risulta che anche da quelle parti le cose vanno maluccio.
Ma di gran lunga peggiori sarebbero i fastidi cui è sottoposto il turista che sceglie le nostre località balneari. Con puntiglio teutonico, dopo una serie di sopralluoghi in varie località di cui però non fa il nome, l'inviato tedesco ha stilato un catalogo contenente le dieci torture che attendono chi incautamente mette piede in una spiaggia italiana. La tortura più terribile è quella del telefonino. Appena ci si sdraia sulla spiaggia e ci si accinge al riposo, ecco che si viene disturbati dal trillo dei cellulari dei vicini di ombrellone. Gli italiani, anche quando sono in vacanza, sono formidabili consumatori di unità telefoniche e usano il cellulare parlando quasi sempre a voce alta, completamente ignari del disurbo che recano agli altri. Se poi uno riesce a convincere i vicini a parlare a voce bassa, ecco la seconda tortura: le radioline quasi sempre al massimo volume. Terza tortura: le mamme che urlano per dare ordini a distanza ai bambini. Per sottrarsi alle sofferenze acustiche, allo straniero che ha scelto le nostre spiagge non resta che alzarsi e buttarsi in mare.
Ma ecco che lo attendono i fastidi numero quattro, cinque e sei. Il solito ragazzaccio che arriva come un treno e ti schizza tutto. L'incontro in acqua con cartacce o altri oggetti che i nostri connazionali hanno la cattiva abitudine di buttare in mare. Oppure il rischio di essere investiti da chi pratica gli sport acquatici e quindi di finire all'ospedale. Meglio smettere di nuotare e farsi una doccia. Altra tortura, la settima del decalogo: gli italiani quando si piazzano sotto la doccia ci stanno a lungo e se ne infischiano se c'è una lunga fila in attesa. Tornati all'ombrellone, forte è il rischio di constatare che il proprio spazio è stato ridotto dai vicini che si spostano alla ricerca del sole o dell'ombra: meglio non protestare per evitare una discussione, ma è sempre un fastidio (l'ottavo).
A questo punto l'inviato, alla ricerca di tutto ciò che non va sulle nostre spiagge, conclude che l'unico modo per rimanere indisturbati sulla spiaggia è di mettersi dei tappi alle orecchie per non sentire i cellulari, le radioline o le mamme che urlano. Ma non ha fatto i conti con altri fastidi che imperversano sulle spiagge italiane, indicati ai numeri nove e dieci del catalogo. Forte è il rischio di essere raggiunti dalla palla di chi gioca a tamburello sulla riva.
Un giudizio forse un po' troppo severo e pignolo, ma non privo di alcune verità di cui gli operatori turistici farebbero bene a prendere atto visto che i tedeschi sono i nostri migliori clienti.
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