I timori del premier per lo «spread» tra i partiti che lo sostengono: «Spero si restringa»

RomaZuffa tra partiti e gaffe dei suoi ministri. Monti, in chiaro, continua a ostentare ottimismo ma qualche preoccupazione il premier ce l’ha eccome. Le forze che lo sostengono fanno fatica a trovare la quadra e se in più ci si mette il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi, a gettare benzina sul fuoco, allora sono guai. Per questo motivo Monti avrebbe consigliato al suo ministro, con sobria stizza, maggior cautela nelle proprie esternazioni. Da qui le pressioni affinché Riccardi chiedesse ufficialmente scusa per quel «schifoso» che rimbomba ancora nelle orecchie di molti pidiellini.
Per il premier non ci voleva proprio questa grana, specie in un momento in cui gli animi dei partiti che lo appoggiano si sono surriscaldati a livello di guardia, dopo il rifiuto di Alfano a partecipare al summit con Bersani e Casini, mercoledì sera.
Così da Belgrado, dove partecipa al bilaterale italo-serbo, Monti può esultare per il calo del differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, sceso ieri, per la prima volta da agosto, sotto i 300 punti base; ma rimarca le sue preoccupazioni con una battuta: «Il fatto è che si restringe lo spread, l’auspicio è che restringendosi questo spread non si allarghi lo spread tra i partiti politici che sostengono la maggioranza. Altrimenti ci sarebbe un prematuro intralcio alle politiche di risanamento di bilancio e al rilancio». Insomma, se il Professore vede che le nubi si stanno diradando sul fronte della speculazione internazionale e del salvataggio di Atene («La soluzione per la Grecia è imminente», dice), non può dire altrettanto sul fronte interno. In pratica Monti constata che i partiti che lo appoggiano stanno giocando a una sorta di «palla prigioniera».
Il Pd, con l’appoggio del Terzo polo, cerca di allontanare da sé la patata bollente della riforma del mercato del lavoro che lo mette in profondo imbarazzo nei confronti del proprio elettorato e rischia di far spaccare la preziosa cinghia di trasmissione con la Cgil; per cui reclama norme sulla giustizia, sulla Rai e sulle frequenze televisive per dar fastidio al centrodestra. Il Pdl, invece, gioca una partita uguale e contraria: più che di televisioni e di giustizia, Monti si occupi e preoccupi di economia e di welfare, con buona pace dei mal di pancia di Bersani & C.
Inoltre il Pdl, nei confronti di Monti, ha due carte in più da giocare: la prima è quella di sottolineare che chi ha vinto le elezioni del 2008 non può subire che l’agenda venga dettata da Bersani e Casini che le elezioni le hanno perse; la seconda è che la ragione prima per cui Monti siede a palazzo Chigi è per l’emergenza dettata dalla crisi finanziaria, dalla quale si esce rispettando i punti della lettera arrivata dalla Ue. Lettera nella quale non si fa alcun riferimento né alla riforma della Rai, né al ddl anticorruzione.
In ogni caso il vertice saltato mercoledì scorso si terrà la prossima settimana, come già annunciato da Monti. Una rassicurazione il premier l’ha avuta da Alfano in persona che, al telefono, ha garantito al Professore appoggio pieno e leale a patto che non si faccia imbrigliare/imbrogliare da Casini e Bersani.
«Pronti a discutere su tutto», ammetteva il segretario del Pdl, facendo però intendere che se proprio si deve parlare di giustizia lo si deve fare mettendo sul tavolo anche la responsabilità civile dei magistrati, il giusto processo, le intercettazioni. Tutti temi tabù per Pd e Terzo polo, ovviamente.


Così, ed è questo il pensiero di molti e forse anche di Monti, probabilmente su giustizia e Rai si discuterà, discuterà, discuterà. Ma nulla si farà, specie a ridosso delle elezioni amministrative. Tanto che pare che un ministro abbia confidato a un pidiellino: «Non possiamo mica impiccarci per viale Mazzini...».

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