I tir lasciano l’Italia a secco Ferme persino le ambulanze

Per colpa dello sciopero il 60% dei distributori è esaurito. Arrestato un leader della protesta

I cartelli «tutto esaurito» sono affissi in otto distributori su dieci. Sono a secco di carburanti, non arrivano i tir che riforniscono di gasolio e benzina. La corsa al pieno si è scatenata già da 48 ore, la gente è spazientita e preoccupata. Il 60% dei distributori è a secco. Nelle autostrade c’è ancora un po’ di scorta, ma durerà poche ore. Entro stamattina la rete italiana carburanti sarà completamente a secco, grazie al blocco dei tir.
Lo sciopero degli autotrasportatori rischia però di fare di peggio, come danneggiare i più deboli, i malati, chi è in pericolo. I camion dei pompieri potrebbero rimanere a secco così come le ambulanze. Non tutti gli ospedali o le caserme dei carabinieri e polizia hanno un proprio servizio interno di rifornimento, solo una minoranza ne è dotata. La maggior parte si rifornisce sulla rete carburanti, di norma stabilendo rapporti di fornitura preferenziale con singoli impianti. Ma anche i privilegiati, quelli dotati di autonoma pompa di benzina, sono messi male. «In questo momento – dice Luca Squeri, presidente di Figisc-Confcommercio – pure questi ospedali subiscono le mancate consegne. Quindi sono esposti al rischio di rimanere a secco come un distributore su strada».
Di fronte a questa situazione di pericolo, i gestori della Figisc hanno fatto scattare le misure di emergenza per i mezzi di soccorso e di pubblica utilità, invitando i benzinai che ancora non hanno esaurito le scorte a salvaguardare «500-1.000 litri di riserva per i servizi di pubblica utilità».
Il disagio collettivo si estende dunque a macchia d’olio e Martino Landi, presidente della Faib Confesercenti dichiara senza mezzi termini: «Se non cessa immediatamente la protesta ci sarà la chiusura totale dei distributori. Si profilano per la categoria gravi danni economici e la chiusura forzata per inattività».
Il tempo stringe per ogni settore. Senza benzina non si muove foglia, figurarsi nel settore turismo dove si sono già verificati forti disagi per la fornitura dei prodotti alimentari e di prima necessità nelle stazioni sciistiche e di villeggiatura. «Se continua così - dichiara Claudio Albonetti - sono a rischio le vacanze di Natale e l’approvvigionamento per bar e ristoranti con enormi danni per l’economia del settore». Le mancate consegne fanno scricchiolare anche le aziende che puntano sulla tradizione. Majna, una grossa industria dolciaria, ha già deciso di mettere in cassa integrazione il personale addetto alla produzione dei panettoni, tutt’ora stipati in azienda, invenduti.
Ma la crisi, che investe ogni settore produttivo italiano, non blocca le frange più estreme degli scioperanti. Il leader della protesta in Sicilia, Giuseppe Richichi, è stato fermato dalla polizia con l’accusa di interruzione di pubblici servizi essenziali. Ad Anagni, vicino a Roma, quattro autotrasportatori sono stati denunciati per violenza privata aggravata, danneggiamento e minacce per aver bloccato un camion. I quattro hanno minacciato l’autista e poi hanno tranciato il tubo di alimentazione del gasolio del veicolo per impedirgli di proseguire la marcia. Analogo episodio a Cassino. Un camionista è tornato a casa con il naso fratturato, aveva cercato di forzare il blocco. E a Napoli tre camionisti sono stati arrestati dopo ripetute aggressioni a colleghi e resistenza contro la polizia. Gli scioperanti che non alzano le mani, tentano in ogni modo di provocare disagi circolando a passo di lumaca.

A Ventimiglia sono oltre 2.000 i tir fermi presso la barriera dell’A10. Disagi anche in Veneto: sulla tangenziale di Mestre un serpentone di tir lungo 10 chilometri rallenta il traffico. Problemi analoghi in Calabria, Trentino, Friuli.

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