«I tre insegnanti? Fu solo una questione di soldi»

Claudio Martelli, lei è uno dei papà del maestro a tre teste.
«Confesso, nel 1990 ero vicepresidente del Consiglio».
Governo Andreotti, la riforma della scuola la firmò Sergio Mattarella.
«Abolimmo il maestro unico».
Avrete consultato fior di pedagogisti.
«Mah...».
Eh?
«Quando si fanno queste riforme non è tanto in discussione la pedagogia, si tratta più di questioni di bilancio».
All’epoca tutti però ne fecero una questione didattico-pedagogica.
«Giocarono più fattori, certo».
Ma vinse la necessità di sostenere l’economia assumendo più insegnanti.
«Anche adesso si tratta di una questione soprattutto economica».
Adesso il ministro Gelmini vuol tornare al maestro unico.
«Ed è comprensibile. In tempi di difficoltà di bilancio e di crisi economica cercare di risparmiare mi pare normale».
Invece è scoppiato il putiferio, la sinistra parla di pensiero unico, gli studenti occupano le università...
«Io non travestirei le esigenze economiche con necessità pedagogiche che sinceramente non vedo. Non c’erano allora con l’introduzione del modulo e non ci sono adesso con il ritorno al maestro unico».
E se non le vede lei.
«Capisco che possa creare malumori il capitolo dei tagli agli insegnanti, ma bisogna anche dirsi le cose come stanno».
E come stanno?
«Non ci sono licenziamenti, ma il blocco del turn over, in Italia non è la prima volta. Del resto se il 97 per cento del bilancio scolastico se ne va in salari bisognerà pur porsi il problema di come correggere questa curva».
Quindi lei approva.
«La riforma può piacere oppure no, resta il fatto che il livello di istruzione, nelle università soprattutto ma anche nella scuola media e media superiore, è assolutamente inadeguato, e va cambiato».
Lo vada a dire a studenti e insegnanti.
«Certo io consiglierei al governo e alla maggioranza un atteggiamento diverso, dovrebbero chiarire, discutere, o rischiano di infilarsi in un imbuto come con l’articolo 18. Non è più il tempo delle rigidità contrapposte».
Ecco.
«Sa qual è il problema?».
Diciamolo.
«Il problema è il ’68».
Son passati 40 anni.


«Appunto! Quel movimento giovanile voleva addirittura abbatterlo, il sistema, questo invece vuole conservarlo».
40 anni dopo la sinistra è conservatrice.
«Sono almeno 20 anni che diciamo che il sistema scolastico non va bene, tant’è che anche loro hanno provato a cambiarlo. E adesso vogliono tenerlo così com’è?».

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