Politica

I tre rischi: dissociazione complotto o "incidente"

Siccome Romano Prodi è un uomo molto tenace, continuerà a far finta di guidare la sua coalizione e resterà a Palazzo Chigi almeno fino a quando non si verificherà uno di questi tre episodi: la mancata fiducia del Senato in uno dei prossimi difficili appuntamenti parlamentari; la dissociazione pubblica dalla maggioranza di una delle sue componenti; un vero e proprio «complottone » guidato da Veltroni per rovesciarlo. C’è dunque il 5% delle possibilità che la storia del governo dell’Unione finisca nei prossimi tre mesi e il 25% che continui.

Nel primo caso - alla cui realizzazione, secondo tutte le cronache, sta lavorando Berlusconi - si verificherebbe un big bang del centrosinistra perché l’epilogo sarebbero le elezioni anticipate alle quali né il Pd né la «Cosa rossa» riuscirebbero a essere competitivi con il centrodestra. C’è quindi da supporre che chi vuole evitare questo rischio politicamente mortale non lesinerà ogni sforzo per riassorbire il «dissenso» e per offrire ai senatori in uscita onori e prebende, in linea con il metodo di potere affermatosi dall’aprile del 2006 in poi. La partita è comunque aperta.

Quanto alla seconda eventualità, al momento nessuno, neanche Mastella o Diliberto o Di Pietro, ha mai superato il limite della dissociazione pubblica. Il conflitto fra le «due sinistre» è però destinato ad acuirsi su tutte le scelte e la Finanziaria (vedi la mole di emendamenti presentati dalla maggioranza) può diventare una legge ingestibile. Anche qui la partita resta aperta. Infine, il «complottone». Se davvero per Veltroni la diarchia con Prodi rappresenta un «abbraccio della morte», la coabitazione ha stretti limiti temporali. Ma il problema è il dopo. Nel dopo ci sono le elezioni anticipate, ma soprattutto la legge elettorale con cui arrivarci. Le issue del Pd sono affidate a una soluzione - diciamo di bipolarismo temperato - che non lo schiacci sull’alleanza con il massimalismo, che gli consenta di assumere un’identità moderata e che lo tenga in qualche modo in gioco.

Il «complottone» può scattare legando la legge elettorale alla crisi e al ritorno alle urne. È la terza partita aperta. Qui sta il 75% di possibilità di crisi, al massimo entro gennaio, appunto in tre mesi, tra Finanziaria, Pd, «Cosa rossa» e non ultimo il referendum, se sarà ammesso. A Prodi restano comunque il 25% di chance di resistere.

Ma sarebbero sabbie mobili per la politica e per la società.

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