Politica

I venti di recessione non risparmiano Cosa nostra

Dalle intercettazioni dell’ultima maxi-inchiesta vengono fuori le difficoltà economiche dell’organizzazione, costretta a diminuire gli stipendi a picciotti e gregari. Tra le entrate in perdita quella legata al racket delle estorsioni

Palermo. La crisi economica non guarda in faccia nessuno. E non si lascia intimorire nemmeno dai boss mafiosi. Così, in tempi di vacche magre, anche Cosa nostra è costretta a stringere la cinghia per far quadrare i conti: stipendi più bassi ai picciotti, assegni familiari ridotti a chi si ritrova il capofamiglia in carcere. Il tutto con regolari note spese, magari un po’ “ritoccate” per riuscire a strappare qualche migliaio di euro in più da distribuire ai giovani senza lavoro. Insomma, in una parola, recessione. Anche per una delle organizzazioni criminali più potenti del pianeta, abituata a gestire affari di migliaia e migliaia di euro.

La scoperta. A rivelare lo stato di crisi economica di Cosa nostra l’ultima maxi-inchiesta antimafia condotta dalla Dda di Palermo, l’operazione “Perseo”, che poco prima di Natale ha portato dietro le sbarre un centinaio di persone, in pratica tutto il nuovo organigramma di Cosa nostra di Palermo. Dalle intercettazioni, pubblicate nei giorni scorsi dall’edizione palermitana di Repubblica, l’affresco di una mafia in crisi di liquidità, che per non finire in rosso è stata costretta, negli ultimi due anni, a tagliare drasticamente gli stipendi dei suoi collaboratori, adottando tariffe degne di un normale precario piuttosto che di un aspirante uomo d’onore in carriera: 500 euro, una miseria rispetto ai 1500 dei tempi d’oro. Questi ultimi, ormai, sono appannaggio solo degli “anziani”, il cui stipendio, però, fino a qualche anno fa si aggirava intorno ai 3000 euro.

Il bilancio bloccato. Tempi duri, dunque, anche per Cosa nostra. Le minori entrate sono dovute al crollo a picco degli introiti legati al racket delle estorsioni – il commerciante che non ha soldi non può pagare né le tasse legali né quelle alla criminalità organizzata, non a caso una volta la mafia escogitò anche i versamenti rateali – ai continui colpi inflitti dall’azione repressiva. E poi c’è un problema di fondo, della mafia come del bilancio di un qualsiasi Comune o Ente locale: troppi fondi praticamente inutilizzabili in quanto già impegnati per il pagamento delle spese correnti., e cioè stipendi e sostegno alle famiglie dei carcerati.

Assistenzialismo by Cosa nostra. Crisi economica, certo. Ma pure un generale lassismo da parte dei giovani. Dalle frasi intercettate emerge anche il malcontento dei mafiosi più anziani, che criticano i giovani che non si danno da fare, aspettando che lo stipendio arrivi dall’alto. “Oggi non vuole lavorare nessuno”, commenta amaramente l’anziano boss Giuseppe Lipari.

Un atteggiamento di attesa che i boss del passato non condividono. 

Commenti