I Verdi: «Permessi di soggiorno per prostituirsi»

A sinistra c’è chi vorrebbe equiparare le lucciole a tutti gli altri lavoratori

da Milano

Dai quartieri a luci rosse al carcere per il cliente. In mezzo, il ventaglio delle sfumature: «passeggiatrice» in strada o squillo tra le mura di casa. Multe e sequestri di auto. «Bocca di rosa» infuoca la politica italiana. C'è chi considera la prostituzione un lavoro come un altro. Giusto pagarci le tasse. E persino garantire il permesso di soggiorno alle straniere che vogliono «esercitare» in Italia. E chi, al contrario, vuole che il mestiere più antico del mondo diventi reato. Ben 13 le proposte di legge presentate in Parlamento. Con sorprese trasversali nei due poli.
Tra gli intransigenti, il ministro dell'Interno Giuliano Amato, che ha rilanciato l'ipotesi di vietare questo mercato, punendo anche il cliente. Nella sua stessa coalizione, un altro sostenitore del pugno di ferro contro l'offerta, ma soprattutto contro la domanda. «Perché chi si vende non è mai libero. È un soggetto debole sradicato dal proprio paese», spiega il deputato ulivista Alessandro Naccarato, che suggerisce fino a 5mila euro di sanzioni per lucciola e cliente, e sequestro dell’auto.
Tolleranza zero anche nella proposta di legge di iniziativa popolare. Il cliente è come uno sfruttatore, la tesi sostenuta. E perciò, via libera a multe e galera. Clienti nel mirino per due donne di Forza Italia: la repressione «non può che colpire quei 9 milioni di italiani che annualmente comprano prestazioni sessuali da esseri umani utilizzati come semplici oggetti privi di dignità», sentenzia la senatrice Maria Burani Procaccini. Le fa eco la collega azzurra Elisabetta Gardini: lo Stato «deve dare un forte segnale di condanna per rispetto delle giovani generazioni».
Possibilista la Lega, che sigla due proposte di legge «fotocopia». Divieto assoluto in luoghi aperti al pubblico ma si può «lavorare» a casa, autorizzate dal questore. E qui, l’unica variante: solo nei comuni con più di 10mila abitanti, per Carolina Lussana, o con oltre 30mila, per Matteo Brigandì. Naturalmente il pacchetto comprende tasse da pagare e rigidi controlli sanitari. Insomma, la bella di notte come «lavoratore autonomo». Così Teodoro Buontempo (An) ha depositato una proposta di legge che prevede elenchi in cui ogni «sex worker» deve registrarsi. Ma niente pubblicità.
Se il centrodestra è orientato verso un giro di vite, le sette mozioni del centrosinistra aprono, più o meno, alla legalizzazione. Tra i liberalizzatori, capofila la deputata verde Luana Zanella. Va oltre l’abolizione dei reati di adescamento e favoreggiamento e chiede «tutela» per gli immigrati che vogliono prostituirsi in Italia. Necessaria, quindi una «politica di inclusione per quote nei flussi migratori». Pochi lacci e lacciuoli anche per l’ex ministro Katia Bellillo (Pdci) che ipotizza aree attrezzate dai comuni, ma pene severe per lo sfruttamento. Il ds Franco Grillini e altri dieci parlamentari firmano una proposta favorevole alla prostituzione individuale. Ma niente «cooperative» del sesso, né Iva sul reddito. Tasse obbligatorie, invece, per la deputata Rosa nel pugno Donatella Poretti.
«No a bonifiche poliziesche sulle strade, il problema è lo sfruttamento di cui sono vittime sempre più persone».

Così Graziella Mascia (Prc) chiede l’«emancipazione delle donne prostitute». E nessuna pietà verso chi ci lucra. Stessa filosofia anche per Enrico Buemi (Sdi) e la senatrice Tiziana Valpiana (Prc). Unico punto d’incontro bipartisan: condanna pesante della prostituzione minorile.

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