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I veri filantropi? Noi conservatori

I veri filantropi? Noi conservatori

«Quello che oggi ci viene richiesto - ha detto il presidente Barack Obama nel suo discorso inaugurale - è una nuova era di responsabilità, il riconoscimento da parte di ogni americano che abbiamo dei doveri verso noi stessi, verso la nazione e verso il mondo». Si tratta di un messaggio che le organizzazioni non-profit desidererebbero venisse preso a cuore dall’America, dato che ci troviamo agli inizi della raccolta fondi del 2009. Noi che siamo responsabili di queste organizzazioni, come pure i nostri colleghi delle imprese a fini di lucro, stiamo purtroppo passando le notti in bianco. La fine del 2008 è stata veramente scoraggiante per la filantropia, e molti ritengono che il 2009 sarà un anno altrettanto difficile. L’Indiana University's Center on Philanthropy pubblica un elenco delle donazioni filantropiche, il Philanthropic Giving Index (Pgi), che esprime un livello di pessimismo come non si era mai visto da anni, segnalando una caduta da 83 a 65 punti (su una scala da 0 a 100) in soli sei mesi. In mezzo a questo diffuso pessimismo, c’è però un gruppo che promette di mantenere saldi i propri propositi in fatto di beneficenza nonostante la faticosa situazione economica attuale: i politici conservatori.Nel corso degli ultimi sette anni, diversi studi hanno dimostrato che le persone che in politica si collocano a destra superano di gran lunga quelle di sinistra sul fronte della beneficenza. Questo modello di comportamento sembra aver tenuto - e sembra addirittura essere cresciuto - nel corso del 2008. Nel mese di maggio dell'anno scorso, l'istituto di ricerca Gallup ha condotto su un campione di 1.200 cittadini americani un'indagine sulle donazioni benefiche. Le persone che si definivano «conservatrici» o «molto conservatrici», che totalizzavano il 42% degli intervistati, sono risultate essere quelle che devolvevano il 56% delle donazioni totali in beneficenza. Per contro, gli intervistati «di sinistra» (i «liberal») o «molto di sinistra» («very liberal») rappresentavano il 29% del campione, totalizzando tuttavia solo il 7% delle donazioni. Queste disparità non dipendevano da differenze di reddito. Le persone che si definivano «molto conservatrici» risultavano essere quelle che devolvevano il 3,6% del reddito in beneficenza, quelle «moderate» il 3%, mentre quelle «liberal» (o di sinistra) devolvevano l'1,5% e, infine, quelle «very liberal» l'1,2%. Non solo. I dati che si riferiscono al 2008 ci dicono che i conservatori laici stanno superando i loro omologhi della sinistra. Ci potrebbe essere il sospetto che le enormi contribuzioni devolute a sostegno della campagna elettorale di Obama - 742 milioni di dollari,a fronte dei 367 milioni dati per la campagna di McCain - abbiano fatto concentrare su di sé tutte le donazioni fatte dalla sinistra, lasciando fuori quelle per opere di beneficenza. Ma le donazioni politiche, per quanto imponenti siano state quest'anno e nonostante abbiano raggiunto dei record storici, sono state ben piccola cosa rispetto ai circa 300 miliardi di dollari che gli americani hanno devoluto in beneficenza nel 2008. Ma il punto cruciale per l'entità delle donazioni di fronte alla recessione economica del 2009 sta nel fatto che i conservatori ora non vogliono dare di più e che, anzi, di fronte a una situazione economica che sta peggiorando, diminuiscono le loro offerte rispetto a quelle dei «liberal». Gli economisti misurano «l'elasticità del reddito in relazione alle donazioni» per prevedere di quanto la gente possa modificare l'entità delle offerte a fronte di uno specifico cambiamento in percentuale del proprio reddito. Questo calcolo evidenzia una grossa differenza tra sinistra e destra. A titolo di esempio, per un conservatore, una diminuzione del 10% del reddito familiare si è associata a un calo nelle donazioni del 10%. La stessa diminuzione del reddito per una famiglia «liberal» ha portato a una riduzione della percentuale di donazioni del 16%. In altre parole, se questo rapporto continuerà a rimanere invariato, la recessione contribuirà quasi certamente ad aggravare le differenze di capacità contributiva fra la sinistra e la destra. Per ironia, pochi ambienti tollerano meno i conservatori e le loro idee del mondo del non-profit. Il giornale The Chronicle of Philanthropy, nell'ottobre 2008, ha pubblicato la notizia che i dipendenti delle maggiori istituzioni benefiche favoriscono i democratici, rispetto ai repubblicani, nelle loro personali donazioni ai partiti politici con un rapporto in percentuale, rispettivamente, di 82 a 18. E tra i dipendenti delle principali fondazioni, si raggiunge addirittura uno sbalorditivo rapporto di 98 a 2. Le persone ragionevoli possono anche non andare d'accordo in politica, ma le cifre relative alle donazioni parlano da sole. I responsabili delle organizzazioni non-profit, che nella stragrande maggioranza sono progressisti in politica, faranno bene a non dimenticare che molte delle persone su cui potranno contare nei momenti difficili non sono necessariamente quelle che condividono le loro idee politiche. Nella consapevolezza che ciò possa contribuire a migliorare e incrementare la raccolta di fondi anche in un anno molto difficile e ad aiutare tutti noi a dare fiducia e credito a chi ne ha bisogno.


Arthur C. Brooks
*Presidente dell’American Enterprise Institute
(traduzione di Nora Stern)

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