Politica

I vescovi bloccano il Sinodo con 200 emendamenti

Andrea Tornielli

da Roma

«I politici e i legislatori cattolici devono sentirsi interpellati nella loro coscienza, rettamente formata, sulla grave responsabilità sociale di presentare e sostenere leggi inique». È quanto afferma una delle proposizioni finali del Sinodo dei vescovi, che saranno consegnate al Papa per il documento conclusivo. «Non c’è coerenza eucaristica quando si promuovono leggi che vanno contro il bene integrale dell’uomo, contro la giustizia e il diritto naturale. Non si può separare – scrivono i padri sinodali – l’opzione privata da quella pubblica, mettendosi in contrasto con la legge di Dio e l’insegnamento della Chiesa, e questo deve essere considerato anche di fronte alla realtà eucaristica». «Nell’applicare questo orientamento – si legge ancora nella proposizione dedicata a chi ha compiti politici e istituzionali – i vescovi esercitino la virtù della fortezza e della prudenza tenendo conto delle situazioni locali concrete». Nessuna formalizzazione di divieti espliciti, come richiesto da qualche esponente della Curia romana, come il cardinale Alfonso Lopez Trujillo, ma un invito ai vescovi perché vigilino e l’aggiunta di quella parola, «fortezza», che non era presente nella prima bozza di testo.
Questa, come altre proposizioni, il cui testo è riservato, non si sa ancora se saranno mai rese note ufficialmente. La decisione spetta al Papa, che comunque ne terrà conto nella stesura dell’esortazione finale. Ieri era atteso il messaggio finale del Sinodo, un testo solitamente breve, rivolto alla Chiesa e al mondo. Questa volta il testo del messaggio è molto più lungo. In mattinata, il cardinale di Quebec, Marc Ouellet, presidente della commissione incaricata della stesura del messaggio si è presentato in aula con il testo da far votare ai 252 padri sinodali. La revisione ha preso più tempo del previsto: i vescovi non si sono limitati ad approvare, ma hanno proposto emendamenti anche sostanziali. Globalmente sono stati più di duecento, così tanti che la pubblicazione è stata ritardata di un giorno. Da quanto si apprende, nel messaggio finale vi sarà un appello ai governanti perché promuovano la giustizia e la pace.
Fra i punti critici affrontati nel testo del messaggio c’è quello del calo dei sacerdoti che interessa tante parti del mondo; allo stesso tempo viene però sottolineato l’aumento delle vocazioni in alcune regioni del globo soprattutto grazie ai nuovi movimenti. Fra le altre note negative sottolineate dal testo anche la crisi del sacramento della confessione e gli abusi liturgici. Un appello speciale sarà poi rivolto ai divorziati risposati, ai quali si chiede di vivere «la gioia di essere cattolici», e si chiede una partecipazione intesa alla celebrazione eucaristica, anche se non potranno essere ammessi alla comunione. Ancora nel messaggio finale emergono i temi dell’ecumenismo, le grandi questioni sociali come la povertà, le ingiustizie, la guerra e il terrorismo. Vengono citati il Medio Oriente e la situazione dell’Africa.
Uno dei dati salienti del dibattito sinodale è la cura della liturgia. Viene riaffermata l’importanza dell’adorazione eucaristica e si attesta la necessità che nelle chiese il tabernacolo sia ben visibile e collocato in posizione «nobile e di riguardo», si raccomanda la celebrazione della Messa in latino in occasione di raduni internazionali, si chiede che fin dal seminario i futuri preti siano preparati a dire la Messa in latino e che si cantino brani in Gregoriano.

Infine si invita ad osservare la «pratica della genuflessione» di fronte all’Ostia.

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