I VOLTI NUOVI DELLA CITTÀ/ 4

Avrà preso in braccio centinaia di neonati e affrontato centinaia di casi. Ma ogni volta è una storia a sé, un’emozione diversa. Vedere una coppia di genitori che pregano di fronte a un’incubatrice e annunciare che «sì, vostro figlio è fuori pericolo» non ha pari. E dopo dieci anni di clinica Mangiagalli, Luca Ramenghi lo sa bene. Grazie a lui, neonatologo di fama internazionale, leva 1961, anni da ricercatore all’estero, sono tante le famiglie che hanno riacquistato la speranza e sono riuscite a portare a casa il loro bambino. Magari sottopeso, magari con qualche problema, ma a casa, nella culla dove lo hanno sempre immaginato. «Purtroppo però non è sempre così» spiega lui, che è specializzato nelle lesioni cerebrali dei bimbi nati prematuri. Tante volte non sono buone le notizie da dare alle mamme e ai papà che passano giorni, settimane, a tormentarsi nei corridoi della clinica, tra caffè alle macchinette e veglie insonni davanti a bimbi che stanno in una mano. «Ci sono genitori che non tornano a casa con il bambino. Ed è pesantissimo dover fare certi annunci. Però nei loro occhi si legge spesso la gratitudine per l’onestà che abbiamo usato nei loro confronti. A me tocca spesso l’ingrato compito di spiegare quali sono le lesioni del neonato. Non è facile: tuttavia cerco sempre di usare parole molto semplici e di dire la verità senza nascondermi dietro il linguaggio medici e senza creare false illusioni».
Ramenghi è ottimista sulle nascite premature, che al momento sono 40mila in un anno in tutta Italia. «Quello sulla prematurità è un discorso in divenire - spiega, reduce da un convegno in Svezia, dove è stato invitato a parlare come relatore - I prematuri tra la 23esima e la 24esima settimana hanno un’aspettativa di vita incoraggiante rispetto a solo sei o sette anni fa». Di fatto anche se il feto cresce per settimane fuori dal grembo materno, può maturare o stesso. Noi lavoriamo per ridurre emorragie e rischi ischemici». Già tante mamme sono grate a Ramenghi e ai suoi preziosi consigli. Anche lui ha una figlia, Giulia. Ora ha 15 anni e frequenta il liceo scientifico. Nulla a che vedere con le ragazzine smaliziate di adesso. «Quando la guardo - ammette Ramenghi - mi sento rincuorato. Ha la testa sulle spalle, è una che si impegna a fondo nelle cose che fa». Giulia è nata quando Ramenghi lavorava in Inghilterra come ricercatore.
E da quei tempi il medico dei bambini, che nonostante gli anni conserva tutt’ora una leggera inflessione marchigiana (la sua terra di origine), ha conservato una caratteristica: guardare Milano con gli occhi di chi ha abitato lontano. Che è un bene sia nel lavoro sia in tutto il resto. Un po’ milanese d’adozione e un po’ esterofilo, anche nei gusti personali («Adoro un ristorante cinese in via Fara ma mi piace moltissimo anche la cotoletta alla milanese dello Smeraldino»). E con occhi esterofili ovviamente Ramenghi guarda ad Expo: «Sta portando un’atmosfera e un entusiasmo positivi a Milano - spiega - e gli effetti benefici si sentono anche nel mio settore, nell’organizzazione degli eventi. Ad esempio, siamo riusciti a fissare a Milano un convegno internazionale sulla risonanza magnetica nel 2015 proprio perché saremo alla vigilia di Expo».
Dall’estero insomma si può imparare tanto: anche nella gestione della città, nel modo di viverla. «All’estero c’è molta più sensibilità verso le mamme. Ci sono tanti parchi, tante aree dove possono sostare con la carrozzina senza alcun pericolo. Anche qui si stanno facendo passi da giganti negli ultimi tempi». Per esempio con le aree dei baby pit stop e con i punti di sosta dove le mamme possono allattare o cambiare il bebè.
Per il resto, servirebbe più verde, ci vorrebbero più piste ciclabili. «Io, che fortunatamente abito vicino alla Mangiagalli, quando posso mi muovo unicamente in bicicletta - spiega il medico - ma è necessario che ci siano più parchi. Per i bambini è fondamentale». Sarebbe un’arma in più contro l’inquinamento. «Eh, l’inquinamento. Quello sì che è un problema reale». Se il pm10 è una delle note dolenti della città, uno dei punti a favore per Milano è l’arte, sono le occasioni di svago. «Me ne accorgo quando arrivano a Milano i miei colleghi stranieri. Vedo che sono già perfettamente informati sulle mostre in corso, sugli eventi culturali e questo mi fa pensare che il sistema funziona bene.

La sensazione è che l’offerta sia ampia e su questo Milano non ha nulla a che vedere con le altre città». Detto questo, la vita del medico non permette di vivere a fondo la Milano culturale. «E così, tra teatro e cinema mi trovo spesso a scegliere il cinema. Non devo prenotare e posso organizzare all’ultimo momento».

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