Ian Anderson: «Mi diverto ancora perché sono un artigiano del rock»

Intervista al musicista alla vigilia del tour italiano

Antonio Lodetti

da Londra

In equilibrio su una sola gamba, l’altra ripiegata all’altezza del ginocchio, fa uscire inquiete e danzanti melodie dal suo flauto magico. Inutile dire di più, si cadrebbe nella ripetizione, perché questa è l’immagine più amata di Ian Anderson, il Jean-Pierre Rampal del rock, l’unico e vero pifferaio di Hamelin, che ormai divide il suo tempo tra le performance classiche con orchestra e i Jethro Tull. Ha da poco pubblicato il doppio cd e dvd Plays Classic con orchestra sinfonica, ma il pubblico del rock lo ama ancora per brani come Aqualung, Locomotive Breath, una magnifica Bourrée rubata a Bach, tutti pezzi immortali che l’estroso artista ripropone - alla guida dei Jethro - domani al teatro Saschall di Firenze, martedì al Tendastrisce di Roma, mercoledì al Nazionale di Milano.
Ma anni fa non ha detto e cantato che era troppo vecchio per il rock and roll?
«Be’, era uno scherzo, “troppo vecchio per il rock and roll, troppo giovane per morire” è un titolo che suona bene. Comunque sono sempre stato troppo vecchio per il rock and roll semplice degli anni Sessanta. Io sono cresciuto con la musica acustica, dalle antiche ballate folk anglosassoni al blues di Robert Johnson passando alla musica classica di Bach e di Ives, per questo ho creato una miscela originale che resiste nel tempo».
Prova sempre le stesse sensazioni suonando da decenni le stesse canzoni?
«Certo, altrimenti cambierei mestiere. Il problema degli artisti è che pensano troppo al confronto con gli altri, alle classifiche, ai numeri. Io ho smesso di pensarci, anche se ho avuto la fortuna di vendere qualcosa come 40 milioni di dischi. È facile dirlo adesso ma io rendo conto solo a me stesso. Ogni volta che salgo sul palco mi preparo fisicamente e mentalmente a vincere una nuova sfida. Suonando i miei pezzi mi sento come un artigiano che crea qualcosa dal nulla; un calzolaio che crea un nuovo paio di scarpe che nessuno può rifare identico. A volte mi sento come Michael Schumacher, imprendibile come lui, come lui a regalare emozioni al mio pubblico».
Recentemente l’hanno definita il Robin Hood del rock.
«Mi piace, perché sono irriverente e un po’ trasgressivo, però col tempo sono cambiato. Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri; io rubo ai ricchi e ai poveri per dare a mia moglie. Con la musica mi scateno, ma amo molto la famiglia».
Ormai si divide in due: metà tempo con i Jethro e l’altra metà solista.
«I Jethro Tull sono la storia trasportata nell’attualità. Questa band è come una favola che vorrei non finisse mai. Quando partimmo negli anni Sessanta aprimmo la strada a quelle che ora si chiamano contaminazioni. Avevamo un sound originale a metà strada tra Deep Purple e Yes: meno duro dei primi e meno enfatico dei secondi, quello è il segreto. La musica classica è l’altra mia passione ma non sono un musicista classico; amo riarrangiare brani famosi e creare arrangiamenti orchestrali per le mie vecchie canzoni».
I suoi fan cosa pensano della svolta classica?
«La apprezzano, il mio marchio di fabbrica è il rock ma credo di essere credibile anche in versione classica. Anche in concerto quest’estate dedicherò molto tempo all’orchestra; tra pochi giorni partirà il mio tour classico, andrò anche in Turchia e il luglio suonerò in America con l’orchestra sinfonica di San Francisco».
Oggi vanno di moda i duetti: con chi le piacerebbe suonare?
«Esageriamo, con Bach, credo che la mia Bourrée, che originariamente è un’antica danza francese, gli sarebbe piaciuta. Pensi che coppia faremmo».
E oggi cosa le piace?
«Con tutto il rock che hanno alle spalle per i ventenni è difficile essere originali. Ci sono tanti buoni gruppi, vedremo cosa ne sarà tra quarant’anni. Se devo fare un nome mi piacciono i Tool».
Alleva ancora salmoni nel suo castello?
«Ho smesso un paio di anni fa, è divertente ma troppo impegnativo.

In ogni cosa voglio essere il numero uno; per questo ho abbandonato la chitarra per il flauto, per questo ho dovuto lasciare i salmoni per tornare musicista a tempo pieno».
Quindi, nuovi progetti?
«Sto scrivendo canzoni e brani più seri: vedremo se uscirà prima un disco per orchestra o un nuovo album dei Jethro Tull. Accetto scommesse».

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