Ian il gallese, 48 anni nascosti molto bene

Woosnam sta giocando benissimo, meglio di tanti campioncini che potrebbero essere suoi figli: sarà il capitano europeo contro gli Usa

Ian il gallese, 48 anni nascosti molto bene

Gabriele Villa

da Tolcinasco (Milano)

Forse hanno ragione quelli che dicono che la vita ricomincia a 50 anni. Qualcuno è partito, anzi, è ripartito prima: a 48. Non ho idea di quanti giovani golfisti di belle speranze, che stanno crescendo nel mito di Tiger Woods, sappiano chi sia realmente e soprattutto chi sia stato Ian Woosnam. Per quel che può contare, il gallese Ian è stato una delle prime facce foreste che ho seguito e inseguito sui tracciati di golf . È uno dei primi campioni che si è degnato di partecipare all'Open d'Italia, pur non riuscendo a vincerlo mai, ma limitandosi a conquistare due secondi posti, nel 1982 a is Molas, in Sardegna, alle spalle di Mark James e l'altro a Castelconturbia, in Piemonte, nel 1991 dietro Craig Parry. Per qualcuno trattasi della notte dei tempi. Ma tant'è erano quelli i tempi in cui Woosnam frequentava con successo i fairways di mezzo mondo, ma anche i tempi di Sandy Lyle piuttosto che di Manuel Pinero, di Sam Torrance o della meteora Bobby Clampett, che, secondo qualcuno, avrebbe dovuto e potuto stracciare tutti i record del campo da un angolo all'altro del pianeta. Ma torniamo a Ian Woosnam e alla sua seconda giovinezza. Sta festeggiando i suoi trent'anni esatti di professionismo in alcuni dei modi migliori: per esempio riuscendo a mantenere il suo peso forma di 76 chili che aveva anche dieci anni fa e, visto che non è mai potuto crescere in statura oltre i suoi 165 centimetri, continua a sfruttare golfisticamente il vantaggio di avere il baricentro basso. Altro modo eccellente per tenersi in forma, a 48 anni, è quello di continuare, come fa lui, a giocare. E decisamente meglio di un sacco di gente che ha la metà dei suoi anni. Guardare il leader board, dopo le prime 36 buche di gara (70 più 66:136, il totale) per convincersi che siamo nel giusto. Festeggia, dunque, Ian.
E visto che non ha mai dimenticato il suo passato - oramai in verità trapassato - di minatore, cerca nel frattempo di scovare e scavare nel suo animo nuove avventure e nuove emozioni. E le trova. Perché a 48 anni, di cui 30 spesi a tirar palline molto spesso diritte, è diventato il capitano della squadra europea che affronterà la rappresentativa americana sul corse di Straffan-Kildare, in Irlanda, nel prossimo autunno. Se è vero che per gli americani questa sfida con l'Europa sta sempre più diventando una questione d'onore, considerato che il loro mito d'imbattibilità è miseramente crollato e ricrollato più volte in questi anni, pensate con quale disappunto possano aver accolto la notizia che sarà proprio il tenace, piccoletto Woosie (come lo chiamano solo gli amici) a guidare l'assalto contro il mitico squadrone stars and strips. In compenso la stampa britannica, che anche quest'anno a Tolcinasco è presente con una folta delegazione sta supportando il «tenace piccoletto» con tutto il calore e il rispetto che solo i sudditi di Sua Maestà riescono a concedere, quando lo vogliono, intendiamoci, a chi pensano sia meritevole di questi nobili sentimenti.

Rispetto perché, tra un drive e un putter indovinato, che gli hanno permesso di scendere otto colpi sotto il par, Ian ha lanciato occhiatacce per far capire a tutti coloro che sperano di essere convocati per la Ryder Cup che il posto in squadra bisogna meritarselo. Per esempio, giocando meglio di lui. Se ci riescono.

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