Era arrivato a Milanello per risolvere un problema (rivincere lo scudetto dopo un digiuno troppo lungo, sette anni), è diventato un problema per il Milan. Zlatan Ibrahimovic è finito nei gorghi del campionato, protagonista di un altro episodio che ne ha macchiato la fedina calcistica, fin qui immacolata. Per molti mesi, da Cesena (dove pure si presentò sbagliando un rigore ininfluente) fino alla sfida domestica col Bari, lo svedese è stato definito da tutti, tecnici e addetti ai lavori, oltre che sodali, «larma in più» del Milan. «È la sua migliore stagione» la definizione di Allegri che gli ha affidato i gradi e i compiti del leader carismatico, assecondando voglia di vincere e lucida determinazione. Col Bari è uscito dal binario della perfezione (un solo turno di squalifica fino ad allora per cumulo di ammonizioni) in coincidenza con un ritardo nel fare gol che lo ha afflitto e anche un po intristito. La squalifica (contro Palermo e Inter) è passata quasi indenne ma a Firenze cè stata la ricaduta.
A Firenze Ibra ha giocato una partita da applausi, utilissimo per la squadra. Quando ha avuto sul piede giusto due pallette morbide morbide, le ha spediti di centimetri lontane dal palo lontano di Boruc. Questione di centimetri, appunto. E nel calcio non possono essere considerati errori fatali due tiri fuori per centimetri. Ibrahimovic, che pretende il massimo da se stesso oltre che dai compagni, ha cominciato allora a farsi assalire dallansia da gol, a perdere la pazienza e dopo quellinizio con le antenne dritte (frenandosi per non intervenire sui rivali) ha rimediato il giallo che di fatto gli avrebbe negato la prossima sfida con la Samp. Poi il vaffa allassistente Nicoletti sanzionato con altri due turni di squalifica per un totale di tre, quindi. Fuori contro Samp, Brescia e Bologna, rientro previsto contro la Roma (oltre che col Palermo in coppa Italia).
Ibrahimovic si è scusato e ha provato a dare una spiegazione quasi in diretta. «Ce lavevo con me stesso» ha detto e ripetuto con la testa china sul microfono. Aveva il viso contrito, di solito il suo è uno sguardo di sfida. Il Milan ha evitato commenti e dettato un brevissimo comunicato: faremo ricorso. Non tanto per strappare uno sconto (più complicato poiché si tratta di recidivo) quanto per segnalare il clima ostile che si è creato intorno al Milan. Già domenica notte, dalle telecamere di Sky, Mario Sconcerti ha sottolineato la mancata uniformità delle terne in materia di insulti. Senza scomodare i precedenti famosi di Totti (vaffa ripetuto contro Rizzoli a Udine) o Del Piero, nello stesso turno si sono verificati altri episodi della stessa natura: Domizzi e Cassetti, già ammoniti, in Udinese-Roma sabato sera e Sardo, egualmente ammonito, in Chievo-Inter. Questi tre sono stati risparmiati da arbitro e assistenti, Ibra invece no. Sempre a Firenze il prefetto ha partecipato alla «cagnara» contro Galliani in tribuna donore per tralasciare il siparietto tv tra Comotto e Mauro. «Siamo alla caccia al milanista», dicono dalle parti di via Turati.
A complicare la vicenda anche una presunta dichiarazione di Berlusconi («Forse con Ibra ho buttato i soldi...»), poi smentita in modo perentorio dal club rossonero come è accaduto solo quando il presidente è stato tirato in ballo in modo dilettantistico (la stessa agenzia ha spiegato di aver saputo dello sfogo da terze persone...). Quando Berlusconi firmò giudizi appuntiti contro Ancelotti o Leonardo, infatti, nessuna smentita, sia pure richiesta, è mai arrivata da Arcore. E infatti è lo stesso Cavaliere, intervenendo in serata al «Processo di Biscardi» a fare una carezza al suo campione: «Qualcuno in società gli avrà tirato le orecchie, ma è un grande giocatore e ci farà vincere lo scudetto», ha detto.
Con Ibrahimovic, è stato coinvolto anche Allegri, accusato di non averlo sostituito quando si è capito che stava perdendo la tramontana. Il rilievo nella circostanza è eccessivo perché non cerano segnali di cedimento nervoso e lo stesso episodio scatenante, la contesa di una rimessa laterale, era così minuscolo da non lasciare prevedere quello scatto.
Adesso toccherà allavvocato Leandro Cantamessa, legale dei rossoneri, tentare la seconda missione impossibile.
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