Alessandro Parini
da Torino
Strapotente e felice da un lato, preoccupata e tremebonda dall'altro: questa è la Juve. Che ieri, per bocca di Nedved e Thuram è tornata sul disastro di Highbury. Il ceco: «Forse sarebbe il caso che la società ci fornisse di uno psicologo, perché davvero non si spiega il motivo del nostro diverso rendimento tra campionato e Champions. Di sicuro, mi rendo conto adesso di quanto sia stato grave non giocare la finale del 2003 contro il Milan: ero squalificato e ho perso l'occasione di vincere la Coppa nel momento migliore della carriera». Il francese: «Se dovessimo uscire dall'Europa, sarebbe un peccato che il nostro eventuale scudetto venisse considerato una cosa normale: due titoli italiani consecutivi non sono uno scherzo. Se questa è la normalità, è una bella normalità: datemene altri due e io sono più che contento. Comunque inutile che ci venga ricordato quanto i tifosi desiderano questa coppa: chiunque giochi a calcio vorrebbe vincere la Champions». Nedved forse più di tutti, avendola eletta come ossessione personale. E ieri il ceco, di fronte agli studenti della Facoltà di Economia, è parso a tratti quasi malinconico: «Spero che mio figlio (stesso nome del padre, ndr) non faccia il calciatore.
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