RomaSi chiamerà An ma il leader lo farà Casini. Paradossi della politica italiana: il giorno dopo la sconfitta della mozione ammazza-Cavaliere, gli antiberlusconiani partoriscono un«Alleanza della nazione». In pratica An senza più la fiamma tricolore ma soprattutto senza Fini. O meglio, Fini ci sarà ma farà la spalla, il numero due, il gregario. Perché è lui il grande sconfitto. Quello che ha voluto dare la spallata definitiva al premier ma che è alla fine sè slogato il braccio, ha perso qualche pezzo di peso, e sè infilato in cul de sac mettendo il suo futuro politico nelle mani del leader dellUdc. Il quale ora detterà linea, tempi e modi delle prossime mosse del - forse - nuovo soggetto politico. Una «cosa» da fare insieme. Per ora.
A tarda sera, Fini con Urso e Bocchino per Fli; Casini con Buttiglione e Cesa per lUdc; Pistorio e Lo Monte per lMpa; Rutelli e Tabacci per lApi; La Malfa per i Repubblicani; Guzzanti per i Liberali e Tanoni per i Liberaldemocratici si ritrovano allhotel Minerva dopo la batosta alla Camera e serrano le fila. «Abbiamo costituito il Polo della Nazione dando vita ad un coordinamento unitario - si legge in una nota -. Il PdN sarà una forza di opposizione seria e responsabile pronta a confrontarsi su eventuali provvedimenti che vadano incontro agli interessi generali degli italiani, a partire da quelli economico-sociali e dalle grandi riforme che servono al paese». Che le basi del «terzo polo», sorta di triciclo antiberlusconide, sia un veicolo dove pedalano tutti ma in cui il manubrio ce lha in mano Pier Ferdinando lo si capisce dalle parole dello stesso leader Udc: «Siamo più di cento parlamentari ma parleremo con una voce sola. Ci confronteremo con il governo - spiega Casini - per tutte le iniziative da assumere e per contrastare quelle che non condividiamo». Toni decisamente più democristiani che non bocchiniani. E ancora: «Per noi deve finire il tempo delle risse e oggi è necessario operare per il bene dellItalia e per unautentica coesione nazionale».
Difficile capire se questo primo passo potrà portare effettivamente a una nuova «Santa alleanza» oppure no. Perché restano da sciogliere due nodi grandi come una casa. Il primo: se la situazione precipitasse e si dovesse andare alle elezioni chi farà il leader di An? I finiani sussurrano Fini ma è evidente che non sarà così. I centristi pensano Casini ma la partita è ancora aperta. E forse il terzo polo è in cerca di un terzo leader. In Transatlantico qualche finiano ragionava anche sullipotesi di andare alle urne in solitaria per la Camera e in alleanza al Senato dove la soglia di sbarramento è più alta perché arriva all8 per cento. Ma il problema resta irrisolto: quale il nome del candidato premier da metter sulla lista elettorale?
Secondo nodo: come farà Casini a far digerire al Vaticano - che già sè espresso in modo chiaro arricciando il naso - la liason con Fini, da tempo spostato su posizioni laiciste? Dilemmi non da poco che si inseriscono in un rischio-frattura che ancora attanaglia sia il Fli sia lUdc. Entrambi i partiti temono altre emorragie. Fini ha paura delleffetto-Moffa, il superpontiere che non se lè sentita di staccare la spina al governo e ha detto addio a Gianfranco insieme alla Siliquini e alla Polidori (la quale per via delle minacce ricevute dai supporter finiani ora è scortata). Lo stesso Moffa ammette: «Larea moderata in Fli è molto vasta e altri deputati potrebbero dissociarsi dalla linea prevalente». Si fanno i nomi di Carmine Patarino, Checchino Proietti, Giuseppe Consolo; e dei senatori Egidio Digilio e Pasquale Viespoli. I diretti interessati, tuttavia, smentiscono. Ma anche lUdc ha paura di perdere qualche pezzo.
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