Ieri è arrivata un’altra telefonata dei presunti rapitori dalla Germania. Il messaggio è il solito: «O paghi o lo ammazziamo». Scettici i magistrati La lunga notte in Procura del padre di Tommy Paolo Onofri interrogato di nuovo dai Pm. Il cognato: «

Gli uomini del Ris hanno rilevato tracce di estranei nella casa. Attendibile il racconto del fratellino del bimbo rapito

Andrea Acquarone

nostro inviato a Parma

E con oggi sono dieci. Dieci giorni con Tommaso sparito da casa, tra le lacrime, gli appelli, i dubbi e i colpi di scena.
Suo padre, Paolo Onofri, dall’altro ieri è ufficialmente indagato per pedofilia. Ma non sembra questa la strada destinata a portare alla liberazione di questo piccolo, inerme, innocente ostaggio di diciassette mesi.
Il pool di polizia, carabinieri e magistrati della Dda qualche paletto a un’inchiesta che rischia di disperdersi tra le brume padane lo ha messo. Puntando il mirino: al centro la famiglia di Tommy, ma soprattutto suo padre, il direttore, specializzato nel settore finanziario, del più importante ufficio postale della città. Lui è il fulcro dell'indagine, i suoi affari, la sua vita forse troppo benestante rispetto allo stipendio dignitoso ma non certo ricco da dipendente quasi statale. A confermarlo un parente stretto dell’uomo che, sentito dalla Dda a Bologna, ha lanciato un’accusa pesante: «Paolo sa tutto. È lui che deve svelare il mistero». Un’ombra sempre più cupa sovrasta ora il papà di Tommaso.
Sembrava tutto tacere ieri in questa città che vorrebbe apparire grande ma dove alla fine le facce delle persone che passeggiano lungo lo «struscio» sono sempre le stesse. E dopo l'ennesimo pomeriggio trascorso tra perquisizioni, controlli incrociati, appostamenti e pedinamenti, Paolo Onofri è finito di nuovo in Procura. Per una giornata aveva fatto perdere le proprie tracce, così come la moglie che ha incontrato da clandestino in una strada senza curiosi. All'ora di cena è stato riportato in Procura per un interrogatorio non previsto. Con lui, l'amica di vent'anni, ma ora e soprattutto avvocato difensore Claudia Pezzoni. Scortato da due poliziotti, non più con la sua jeep come faceva sgommando fino a qualche giorno fa, è entrato alle 19.40 negli uffici di via san Marcellino. Scendendo da un'auto «civetta» della squadra mobile è passato dal cancello sul retro, quello che porta ai garage. Qui lo aspettava un altro poliziotto. Un faccia a faccia durato quasi quattro ore. Poco prima che uscisse Paolo Onofri, un’altra auto ha lasciato la procura, con a bordo un giovane dal volto coperto. «Non ho idea di che cosa stia accadendo», spiega imbarazzato Cesare Fontanesi, zio del piccolo Tommaso, il marito della sorella della mamma. «Potrebbe essere tutto».
Intanto sul numero verde istituito dall'amico della Croce rossa Claudio Borghi continuavano ad arrivare tra le centinaia di messaggi di solidarietà i presunti segnali dei rapitori. Anche ieri all'alba uno, ancora una volta dalla Germania. «O paghi o lo ammazziamo». Ma è un refrain che continua da tempo e i magistrati della Dda di Bologna sinora non sembrano darci troppo peso. Il vero contatto coi sequestratori, forse, deve ancora arrivare.
Ammesso che Tommy sia stato davvero rapito. Qualcuno è entrato nella sperduta villetta di Casalbaroncolo, questo è certo. Lo dimostrano le tracce, ma anche, più di ogni altra cosa le parole del fratellino dell'ostaggio, Sebastiano, otto anni. È un bambino maturo, più grande dei suoi anni biologici: ricorda tutto. Anche i particolari, ed è persino capace di trarre deduzioni. Agli investigatori ha raccontato persino il colore del casco di uno dei due rapitori, spiegando che sotto portava un passamontagna. «Poteva esser una donna? Gli hanno chiesto. Certo - ha risposto lui -: se aveva i capelli lunghi ha fatto una treccia e li ha raccolti per non farsi scoprire».
Ma che cosa vogliono, che cosa pretendono da Paolo Onofri, i sequestratori? È la domanda alla quale poliziotti, carabinieri e magistrati non riescono ancora a trovare risposta. Denaro o tremenda vendetta?
Gran parte della sua famiglia, nonostante tutto, a dispetto delle accuse infamanti, lo difende. La moglie Paola, quella che al suo diario raccontava di un amore che stava lentamente spegnendosi, attacca facendo scudo a questo marito tanto alto e irsuto quanto taciturno: «Durante i giorni del silenzio stampa qualcuno ha approfittato per fare uscire notizie false e tendenziose ed esagerate dirette a screditare solo ed esclusivamente la figura di Paolo», dice Paola Pellinghelli. Poi, ancora un appello ai rapitori. Piangendo: «Rivogliamo Tommaso a casa e subito, senza aspettare oltre. È il nostro unico desiderio».
Eppure i conti non tornano. Parma è blindata, come la sua provincia. Posti di blocco, perquisizioni, elicotteri che continuano a volteggiare nel cielo.

Come se Tommaso fosse qui, vicino. Oggi altri interrogatori, a meno di una svolta improvvisa, ma non prevista. I magistrati vogliono chiarire qualche particolare con l'avvocato Pezzoni e il medico di famiglia. Ma loro sono semplici testimoni.

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