Ifo, il mistero dei finanziamenti americani

Le polemiche sul «caso Ifo» non accennano a placarsi. Anzi dopo la valutazione scoraggiante, stilata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficienza del servizio sanitario e confermata dalla stessa maggioranza di governo, confronti e dispute si fanno più accese. Troppe le considerazioni che non tornano: si parte da misteriosi progetti messi su con finanziamenti d'oltreoceano a cifre milionarie impegnate per i professionisti della ricerca. A fronte di prestazioni sanitarie rese all’utenza a rilento rispetto agli standard dei tempi d’attesa per quelli che devono essere gli interventi chirurgici su malati di tumore. A entrare nel dettaglio delle magagne è proprio uno dei relatori del compendio sugli Istituti fisioterapici ospitalieri, Cesare Cursi (An), vicepresidente della commissione Sanità del Senato. La curiosità che anima gli addebiti dell’esponente di An si muove proprio sull’onda delle notizie di questi ultimi giorni che darebbero per finanziati, da istituzioni nordamericane, progetti per circa 3 milioni di dollari giacché «pure se ci siamo già compiaciuti con il direttore scientifico Paola Muti dei suoi contatti internazionali, ci meravigliamo che nessun documento prodotto alla Commissione d’inchiesta abbia certificato l’esistenza di finanziamenti per l’ammontare di 3 milioni di dollari. Nemmeno nelle dichiarazioni fatte dal direttore generale Marino Nonis e dalla stessa dottoressa Muti, durante le audizioni a Palazzo Madama, questi dati sono stati riportati». E se da un lato, nelle casse dell’Ifo, non sono entrate risorse fresche non ci si riesce a spiegare, dall’altro, come siano stati utilizzati invece i fondi destinati alla ricerca erogati nel 2006. «E precisamente - incalza Cursi - come si può spiegare il raddoppio dei costi per gli stipendi dei ricercatori di ruolo, in assenza di nuove assunzioni. Alla domanda, su che fine abbiano fatto questi soldi, nessuno è stato in grado di dare una risposta». Chissà se nel prossimo botta e risposta verranno forniti dei chiarimenti. Per il momento comunque ci si deve accontentare di quegli annunci, coram populo, fatti dall’assessore alla Sanità Augusto Battaglia sulla funzionalità dell’istituto di ricerca nonché delle rassicurazioni di Paola Muti sul work in progress. Rimangono al palo, e non schiodano, le liste d’attesa per l’accesso agli interventi chirurgici. Il vicepresidente della commissione Sanità, carte alla mano, traccia la delicata situazione: «I documenti della divisione di Oncologia chirurgica evidenziano che sono in lista d’attesa per essere ricoverati circa 80 malati di cancro accertati e altri 24 sospetti. In particolare i tumori della mammella in attesa di ricovero non sono 29, come qualcuno vorrebbe dire, ma ben 74. E vi sono numerose pazienti in attesa di un letto da 60 giorni se non addirittura da 80. Non va meglio - precisa - per i tumori urologici: i casi in lista d’attesa si aggirano intorno a 120 (72 tumori della prostata, 30 del rene e 20 della vescica). Numerosi dei quali in attesa da aprile scorso, magari lo fossero da solo un mese come piacerebbe far credere».

Dopo la relazione minuziosa si attende solo che l’assessorato regionale alla Sanità si attivi per abbattere quelle liste, non soltanto i tempi per l’accesso alle prestazioni specialistiche ma pure, quelli relativi ai cosiddetti «casi acuti».

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