II "chiagni e fotti" dei martiri in tv

Eccoli. Freschi di martirio. Pronti a sfilare il 3 ottobre per la libertà di stampa, con i titoli di coda dei loro programmi che stanno ancora scorrendo. Eccoli. La voce stanca. Pronti a incitare la piazza con le loro storie di violenza mediatica. Eccoli. Vittime del sistema. Pronti a urlare la loro rabbia contro il regime che non gli chiude la bocca e addirittura li paga perché possano criticarlo. Eccoli. Vestiti firmati. Pronti a raccontare quanto sia dura la loro vita in trincea, senza certezze, se non quella di andare regolarmente in onda. Sì, perché con la firma ieri del contratto a Fabio Fazio, tutti gli eroi della fiction sulla resistenza contro il pensiero unico, torneranno in video.
Potremo finalmente riaccendere il televisore senza sentirci codardi. Potremo finalmente gioire, il tempo della penitenza è finito. Non solo Floris, Santoro, Travaglio, Vauro, ma anche Bertolino e la Dandini. Tutti. Tutti decisi a non dimenticare. A ricordarci quanto sia stata dura la loro lotta. Ma non hanno mollato. Nonostante lo sconforto, i ritardi, gli slittamenti, sono sempre in prima serata a raccontare il loro reality.
Guidati da Michele, detto Sant’oro, stanno imponendo la loro libertà di stampa. Noi paghiamo il canone, al resto ci pensano loro. Hanno molte storie da leggere. Non tutte vere, ma cosa importa: il fine giustifica il mezzo.
Ma qualcuno potrebbe non capire e chiedere che venga spiegata bene questa storia degli editti, dei grandi purgati, delle censure senza appello. Il primo martire, Marco Travaglio, ieri sera, con o senza contratto, lo abbiamo visto ad Annozero mentre si esibiva in un monologo sulle escort, su Papi, sulle ville, sugli affari di un imprenditore indagato. C’è un capo di imputazione? No. Eppure, malgrado questo, il presunto censurato esternava in prima serata su Raidue senza filtri e senza vincoli. Il secondo, Michele Santoro, gli stava davanti, come sempre, la mano sul mento, lo sguardo sornione, il solito numero del conduttore che fa da spalla e si finge sorpreso.
Un altro dei nomi invocati a tutela del diritto di cronaca, della libertà di informazione del regime che incombe, è quello di Fabio Fazio. E qui verrebbe da ridere, visto che l’unica purga Fazio l’ha avuta da La7, dove ha ricevuto molti milioni per non andare in onda. Alla Rai, invece, la sua libertà di espressione l’ha riconquistata. E la pur brava Milena Gabanelli? Lei nel piccolo schermo di Raitre ha fatto barba e capelli al super ministro Giulio Tremonti. Purtroppo per lei non risulta sia pervenuta nemmeno una tirata di orecchi. E il comico Crozza? È stato celebrato come una vittima di un altro misfatto e ora si scopre che sta per iniziare un nuovo programma come niente fosse. E Lucia Annunziata, quella che costrinse Berlusconi ad andarsene? Se ha lasciato il suo spazio domenicale è solo perché ha scelto di provare una nuova esperienza professionale all’estero.
A questo punto, bisogna intendersi sul significato di censura. Censura è quando non vai più in onda, quando ti mettono un bavaglio, quando ti impediscono di parlare. Il primo caso di censura, che è anche il più noto, nella storia della Rai fu quello di Dario Fo a Canzonissima. Il secondo, meno noto, è quello duplice che subì Enzo Tortora, affondato per la sua libertà intellettuale e per la sua intransigenza a dire no a qualsiasi condizionamento. Ma questi qui, con tutto il rispetto, di cosa parlano? Contratti della troupe, dispute sui gettoni di presenza, qualche problema assicurativo. Di solito sono cose che si risolvono dal commercialista o in un ufficio contratti. Non è che se invochi l’Onu diventano più gravi.
Sbaglierebbe, però, chi credesse che l’allarme sia cessato. Sarebbe un errore strategico. Calerebbe l’audience. E la piazza si svuoterebbe. No, il regime non si illuda.

Non basteranno trenta gettoni per comprare il silenzio di chi ha visto cose che noi italiani non abbiamo nemmeno immaginato. Ora che hanno firmato anche Aldo, Giovanni e Giacomo, saranno tutti in piazza il 3 ottobre per ricordarci i loro appuntamenti.

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