Immigrati clandestini, l’America con Bush

Prevista una legge per punire gli imprenditori che assumono gli irregolari

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Tre americani su quattro plaudono a Bush per le sue iniziative di controllo dell’immigrazione illegale e soprattutto per il più simbolico e il più «energico» dei provvedimenti che compongono il «pacchetto» illustrato dal presidente alla nazione: l’invio di unità militari alla frontiera con il Messico. Bush ha reso noti i dettagli del suo piano in un’allocuzione televisiva di tono particolarmente solenne: la quarta volta in sei anni di presidenza che ha parlato alla nazione dall’ufficio Ovale e nel prime time. I soldati arriveranno sul Rio Grande (e sulla linea tracciata nei deserti dell’Arizona, che completa un confine di 3.200 km finora praticamente aperto anche perché impossibile da sigillare). Saranno seimila, prenderanno posizione gradualmente, costituiranno non «la» soluzione ma una misura ad interim, in attesa che siano pronti gli strumenti elettronici ad altissima tecnologia di cui è stata ordinata l’installazione e che sono stati sperimentati finora solo in un contesto bellico: sensori di movimento, raggi infrarossi, aerei senza pilota.
In base alla Costituzione, che vieta l’impiego di militari entro i confini degli Stati Uniti, i soldati non potranno effettuare arresti di immigrati clandestini: il loro compito sarà di sorveglianza, alleggerendo in tal modo il ruolo delle forze di polizia, che potranno concentrarsi su intercettazioni, arresti ed espulsioni. Il programma di Bush non si limita agli ordini impartiti, ma investe altri aspetti del problema che rappresentano i quasi 12 milioni di stranieri residenti illegalmente negli Stati Uniti. È prevista anche una legge per punire gli imprenditori che assumono i clandestini per avere una copiosa manodopera a bassi costi. Considerato che la concorrenza degli «illegali» contribuisce a tenere bassi i salari, non è affatto certo che il mondo economico guardi all’azione del presidente con entusiasmo pari a quello dei cittadini in genere e, in particolare, dei sindacati. Critiche si sono già levate anche dai governatori di alcuni Stati direttamente interessati. Il primo e il più severo è stato, dalla California, Arnold Schwarzenegger, che ha definito l’invio dei militari «una misura tampone e non quello di cui abbiamo bisogno», e ha lamentato che «i governatori degli Stati di confine non sono stati consultati ma messi di fronte al fatto compiuto».
Obiezioni vengono ovviamente anche dal Messico. Per la seconda volta in due giorni Bush ha dovuto rassicurare il suo collega Vicente Fox: «Non è vero che vogliamo militarizzare la frontiera tra i nostri due Paesi. Il Messico resta una nazione amica». Il governo messicano lamenta che le misure siano «unilaterali e non accompagnate da effettivi progressi sul piano legislativo». Ma le voci del dissenso sono, almeno in un primo momento, l’eccezione e non la regola. Sembrano ammansiti anche gli ultrà repubblicani alla Camera, che hanno proposto una legge draconiana che prevede l’espulsione di milioni di immigrati. Il presidente ha respinto il metodo che essi propongono così come, d’altro canto, le richieste avanzate dai «liberali» di un’amnistia generale per i clandestini e facilitazioni per l’ottenimento della cittadinanza Usa. «Non sarebbe saggio né realistico - ha detto Bush - rispedire oltre il confine milioni di persone. Fra le misure estreme della deportazione in massa e della concessione in massa della cittadinanza Usa esistono soluzioni intermedie, più ragionevoli». In particolare l’istituzione, raccomandata dal presidente, di una figura giuridica nuova per l’America ma già sperimentata in Europa e soprattutto in Germania: la persona giuridica di un «ospite a tempo».

I lavoratori stranieri potrebbero soggiornare in America per un periodo di tempo determinato deciso dalle condizioni ambientali e dai bisogni dell’industria. Questi «Gastarbeiter» dovranno però essere tenuti sotto controllo mediante nuovi documenti di identità e una più stretta identificazione, che renda la loro presenza «trasparente».

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