Immigrati, Maroni scherza sulle «carceri» vaticane

Immigrati, Maroni scherza sulle «carceri» vaticane

«La legislazione del Vaticano prevede il carcere per gli immigrati clandestini. Noi che siamo più buoni di loro abbiamo previsto solo una multa». Con questa battuta il ministro dell’Interno Roberto Maroni, intervenendo al convegno dei «Circoli nuova Italia» organizzato ad Orvieto dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, ha difeso le nuove norme contro l’immigrazione clandestina. «Non ci interessa - ha detto ancora Maroni - il carcere per i clandestini, ma l’espulsione obbligatoria. Abbiamo finalmente affrontato con serietà questo grande tema e siamo pronti ad applicare le norme».
La battuta sul Vaticano che mette in gattabuia gli immigrati clandestini non è ovviamente passata inosservata. Qual è la normativa alla quale si riferisce il titolare del Viminale? «Alla battuta del ministro Maroni vorrei rispondere innanzitutto con un’altra battuta - confida al Giornale il professor Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale vaticano e docente di Diritto ecclesiastico -: il Vaticano è praticamente un palazzo, sarebbe come se volessi entrare al Quirinale senza alcun controllo... In ogni caso in molti importanti luoghi vaticani si entra liberamente, dalla basilica di San Pietro ai Musei, senza alcun controllo di identificazione».
Fatta la controbattuta, il professore cita la norma alla quale si riferisce il ministro dell’Interno. «C’è la legge III del 1929 sulla cittadinanza, che all’articolo 21 recita: “Coloro che si trovano nella Città del Vaticano senza avere l’autorizzazione prevista possono essere espulsi anche con la forza pubblica”. Innanzitutto - continua Dalla Torre - sottolineo il “possono”. E qui non si parla in alcun modo di detenzione, ma soltanto di accompagnamento fuori dal perimetro del Vaticano, nel caso le persone non siano autorizzate».
Chi entra in alcuni palazzi del Vaticano, all’ingresso deve consegnare un documento e ottenere un permesso. E allora, la prigione paventata da Maroni, dov’è citata? «C’è un comma successivo - spiega il professore - nel quale si legge che “può essere sottoposto a pena pecuniaria o detentiva chi si introduca nello Stato della Città del Vaticano nonostante il rifiuto di permesso o in violazione di un provvedimento di divieto di accesso”. La pena pecuniaria o l’eventuale carcere viene prospettato, sempre come possibilità, solo nel caso s’introducano in Vaticano persone che avevano chiesto il permesso ed era stato loro rifiutato o persone diffidate a farlo per vari motivi».
Dunque il carcere è l’extrema ratio soltanto nel caso di persone già diffidate a entrare, non di persone che vengono trovate per la prima volta senza permesso dentro i confini dello Stato.

Tanto più che, va detto, in Vaticano è vero che si entra con il permesso, ma nel caso si sia in compagnia di qualcuno che vi risiede o di un prelato che vi lavora, si entra senza passare per il controllo. Quella di Maroni «è chiaramente una battuta», ha tagliato corto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi: «È difficile fare analogie tra Vaticano e Italia».

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