Immigrati verso il voto, gli italiani forse no

Claudia Passa

Decine di migliaia di romani all’estero rischiano di non poter votare in primavera a causa dei ritardi dell’Anagrafe nella compilazione dei registri Aire. Gli immigrati della capitale potrebbero invece partecipare alle prossime elezioni comunali e municipali grazie a due proposte di delibera di iniziativa popolare depositate nei giorni scorsi in Campidoglio. Se fosse una «coincidenza» intenzionale, meriterebbe di finire nei manuali della strategia politica, e potrebbe influenzare sensibilmente il risultato elettorale delle prossime amministrative. Ma se anche fosse una semplice e casuale sovrapposizione di eventi, il risultato non cambia. È un dato di fatto la propensione a sinistra della maggioranza degli extracomunitari; lo è ancor di più la simpatia degli italiani agli estero per la Casa delle libertà, anche grazie allo straordinario impegno del ministro Mirko Tremaglia che per la prima volta ha esteso il diritto di voto ai nostri connazionali oltreconfine.
La preoccupazione per il cumulo di arretrati da smaltire per l’aggiornamento dei registri Aire cresce di giorno in giorno, dopo la documentata segnalazione del consigliere di An Bruno Prestagiovanni, dopo la denuncia del Giornale, dopo la scoperta che negli anni addietro era stato previsto lo stanziamento di oltre un milione di euro proprio per colmare questo gap, dopo la repentina sostituzione della dirigente dell’Ufficio Anagrafe insediata da appena una settimana. Avvicendamento apparentemente inspiegabile, che non ha mancato di sollevare serie preoccupazioni in tutte le organizzazioni sindacali, dai confederali agli autonomi, passando per le Rsu, anche a seguito delle indiscrezioni sempre più insistenti che vorrebbero tale decisione assunta per volere dei vertici dell’amministrazione capitolina e del segretariato generale.
Mentre dunque la gestione delle pratiche-Aire naviga in alto mare, sottotraccia procede spedito l’iter di due proposte di delibera di iniziativa popolare che la maggioranza avrebbe intenzione di approvare in tempi brevi, possibilmente in tempo utile per la prossima tornata amministrativa. L’intestazione è chiara: «Estensione del diritto di voto ai cittadini stranieri non comunitari e apolidi per l’elezione», rispettivamente, del consiglio comunale e dei consigli municipali. Nella premessa di entrambi si quantifica in 250mila il numero degli extracomunitari presenti sul territorio del Comune di Roma. Si elencano principi e riferimenti normativi, poi l’affondo, e la richiesta «di introdurre il diritto di elettorato attivo e passivo» per Campidoglio e municipi «per i cittadini stranieri non comunitari che abbiano compiuto il 18º anno di età regolarmente presenti sul territorio nazionale e residenti sul territorio comunale»; di «predisporre», a tal fine, «un’apposita lista elettorale di elettori stranieri».
Lo scorso 19 ottobre sulle due proposte è stato impresso dal protocollo capitolino il sigillo dell’ufficialità. L’iter è avviato, seppur sottotraccia. Nella maggioranza ci sarebbe chi ha fretta di portarlo a compimento, ma questo lo si vedrà facilmente nelle prossime settimane. Quanto allo stallo dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, denunciato con forza da Prestagiovanni che ha sollevato interrogativi ancora senza risposta sull’improvvisa rimozione della dirigente dell’Ufficio anagrafe, non è dato sapere se il Campidoglio riuscirà a provvedere entro l’ultima scadenza utile, ovvero il prossimo 20 febbraio.

Al netto delle feste natalizie, una manciata di settimane.
Sicuramente sarà una coincidenza. Sarebbe singolare, però, che per eleggere le istituzioni della capitale d’Italia potessero votare gli stranieri ma non gli italiani.

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