IMMIGRAZIONE E SICUREZZA

RomaIl governo ottiene il primo, timido, «sì» della Consulta sulle nuove norme in materia d’immigrazione. Il «pacchetto sicurezza» supera lo scoglio dei ricorsi iniziali. Un ostacolo piccolo, ovvero le contestazioni di legittimità mosse da alcuni tribunali e che la Corte Costituzionale non ha accolto. Ma non trascurabile, perché può essere un passo importante verso la promozione dell’intero impianto di nuove disposizioni.
I giudici dell’Alta Corte non si sono ancora espressi sul contestato reato d’immigrazione clandestina - entrato in vigore l’8 agosto - che aveva animato il dibattito politico durante l’estate. Ma al momento hanno dato via libera alla norma che riguarda l’aggravante di clandestinità, approvata con un precedente decreto: secondo la Consulta non è illegittimo innalzare le pene per i clandestini che delinquono.
È prematuro sostenere che la Corte Costituzionale sia orientata ad approvare la parte più corposa del pacchetto immigrazione, ossia l’introduzione di ammende per gli stranieri irregolari, perché non sono stati espressi pareri di merito. La Consulta ha solo respinto a tre tribunali (Ferrara, Livorno e Latina) una serie di questioni di legittimità sollevate sull’aggravante di clandestinità.
Per questo la notizia è stata accolta con soddisfazione negli ambienti del Viminale, ma con necessaria prudenza. È però certamente un punto messo a segno per il governo e in particolare per il ministro dell’Interno Bobo Maroni. Con un particolare degno di nota: relatore della causa alla Consulta era il giudice Gaetano Silvestri, in quota centrosinistra, uno dei nove «ermellini» che una settimana fa hanno detto «no» al Lodo Alfano. Tra pochi giorni saranno depositate le motivazioni.
«Da parte nostra c’è certamente soddisfazione - commenta al Giornale il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano - anche se la Consulta non è entrata nel merito della questione, ma c’è stato il rinvio ad una valutazione d’insieme che sarà fatta quando arriveranno le ordinanze sul reato di clandestinità».
Quello che emerge per ora è «la pretestuosità di alcune ordinanze (dei tribunali, ndr) che viene rilevata in modo chiaro dalle Corte. E per come sono state ultimamente le pronunce della Consulta, ci si deve accontentare...».
L’aumento della pena per lo straniero che delinque ed è clandestino in territorio italiano è una norma contenuta in uno dei primi decreti del governo Berlusconi, approvato a maggio del 2008. Prevede l’innalzamento fino a un terzo degli anni di reclusione per una serie di reati se commessi da un clandestino.
A dubitare della legittimità di questa modifica del codice penale erano stati tre tribunali del centro Italia. Latina aveva sollevato la questione alla Consulta nel corso di un processo a carico di tre marocchini. A Ferrara lo spunto era stato il giudizio su un nigeriano per spaccio di stupefacenti. A Livorno si trattava del trattenimento indebito di un irregolare nel territorio italiano, ma in questo caso l’Alta Corte ha ritenuto la questione carente delle necessarie motivazioni. Per gli altri due ricorsi, le carte sono state rispedite ai tribunali: i giudici costituzionali invitano i colleghi di Ferrara e Livorno a valutare se sia ancora il caso di sollevare dubbi di legittimità quando da agosto è in vigore il reato di clandestinità. Bisogna ora aspettare una valutazione della Consulta su questa norma, che non arriverà probabilmente prima del 2010.
«Ci hanno detto che abbiamo stracciato la Costituzione - conclude Mantovano -.

Da questa prima pronuncia della Corte sembra che non è così, altrimenti ci sarebbe stata un’immediata e implacabile bocciatura. Il fatto che sia arrivata una riserva di valutazione d’insieme ci fa andare a letto tranquilli: non siamo i nipotini di Hitler».

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