da Stoccarda
Sulla linea del traguardo fa finta di sparare nel mucchio, ma se solo potesse lasciarsi andare farebbe volentieri il gesto dellombrello. Grida toh, per la serie prendi questo, ma lui dopo il traguardo fa finta di niente e la butta in burletta. «Ho gridato toh..., per la sorpresa di aver rivinto ancora...», dice serio. Sul podio, scuro in volto e con gli occhi colmi di lacrime, si morde le labbra per non parlare e gridare tutta la rabbia che ha accumulato in questa settimana da incubo.
«Una settimana molto dura dice Paolo Bettini, nuovamente fasciato con quella maglia bianca con i colori dellarcobaleno -, mi hanno accusato di tutto, non so perché. Ho fatto bene a farmi seguire da un legale, rispondere con una vittoria non è stato facile».
Bettini dimostra forza e lucidità in corsa fino alla fine, soprattutto alla fine. Ma la sua forza e la sua lucidità la manifesta anche dopo il traguardo, anche dopo una fatica di 267 chilometri duri e massacranti come poche volte in questi ultimi anni.
«McQuaid rappresenta l'Uci, secondo me dobbiamo lavorare insieme. Ma è chi non capisce nulla di ciclismo che non si può permettere di sparare a zero su questo mondo (ogni riferimento allassessore allo sport di Stoccarda, la signora Heismann e alla tivù di stato ZDF non è casuale, ndr). In questo anno ho imparato a lottare contro le difficoltà, la rabbia era tanta, ci speravo ma non credevo di realizzare un'impresa come questa. Io ho imparato a non mollare mai: il primo anno con questa maglia non è stato facile, adesso proviamo il secondo. L'inchino sul podio? C'era tutta la mia semplicità, la mia carriera. Una carriera che nessuno riuscirà ad infangare. Voglia di mollare? In settimana ho pensato anche a questo, poi mi sono detto: ho passato di peggio, di molto peggio, la vita deve andare avanti».
Ha il viso serio e cupo il Paolo Bettini. «Come mi sento? Arrabbiato come prima. Ho detto e ripeto che non permetterò a nessuno di sparlare sulla mia carriera e da questa sera ci sarà chi lavorerà su questa cosa: chi sbaglia deve pagare, se cè qualcuno che ha le prove le tiri fuori e le metta sul tavolo, altrimenti pagherà».
Che significato ha per te la bandiera italiana che hai davanti a te?
«È un portafortuna, è la prima bandiera della Repubblica Italiana, è quella di Reggio Emilia. Lavevo portata sul podio a Salisburgo, lho riportata sul podio qui a Stoccarda».
Sul traguardo e sul podio ha fatto il gesto del fucile: a chi era diretto?
«Per una settimana mi hanno impallinato, oggi ho sparato anchio un po nel mucchio. Ce nerano tanti là davanti e se qualcuno si è sentito colpito significa che se lo aspettava».
Al tuo fianco hai avuto una squadra eccezionale...
«Abbiamo dimostrato di essere una squadra vera, avete visto tutti quello che ha fatto Cunego, avete visto cosa ha saputo fare Rebellin. E Bertolini? Incredibile, è stato semplicemente super. Ma non meno prezioso è stato il lavoro degli altri: da Ballan a Bruseghin, da Tosatto a Tonti. Io e Pozzato siamo sempre stati vicino, abbiamo deciso ogni mossa insieme. E grande è stato il ct Franco Ballerini: ha avuto ragione nel darmi fiducia, a dispetto di tutti».
Quali differenze fra Salisburgo e Stoccarda?
«Dopo tante vittorie di peso e prestigio, lanno scorso cercavo la vittoria più importante, il successo al mondiale: mi mancava in pratica solo quello. Poi lho vinto, mi sono abituato ad avere sulle spalle questa maglia e allora ho cominciato a pensare che sarebbe stato bello cercare di bissare questa vittoria. Ma allo stesso tempo mi dicevo: ci ho messo così tanto per vincerlo una volta figuriamoci quanto ci dovrò impiegare per rivincerlo... Mi dicevano: Paolo, è tutta una questione di motivazioni e stimoli.
A chi dedichi questa vittoria?
«È una vittoria tutta per me: me la sono davvero meritata. E poi alla mia piccola Veronica, che venerdì ha compiuto quattro anni».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.