Impariamo dal Nobel a sognare una Genova senza più malinconia

Impariamo dal Nobel a sognare una Genova senza più malinconia

(...) La storia ce l’ha raccontata nei giorni scorsi il nostro Matteo Agnoletto: è la vita di John Woods, premio Nobel per la pace nel 2007 per i suoi studi sui cambiamenti climatici. Per la cronaca, è lo stesso che prese il premio insieme ad Al Gore. Ecco, questo signore ha deciso di venire a vivere a Genova, in via Antica Romana di Quinto, e ama la città più di tantissimi genovesi. Aiutato in questo da straordinari amici come Gianfranco Rovani, che di Quinto è un pezzo di storia e di passione.
È una piccola storia, forse, quella di Woods. Ma è la storia di quello che avrebbe potuto essere l’Iit e di quello che può essere la nostra città per la sua bellezza. Aiutata in questo dalle nuove tecnologie e dal telelavoro. Cosa può esserci di più bello che lavorare e studiare in uno scenario simile? È questo il nostro petrolio, è questa la nostra ricchezza.
Ma quella di Woods è una storia, come tantissime che avete potuto leggere sul Giornale in questi giorni, che abbiamo raccontato solo noi. Mentre altri scrivevano pagine e pagine sulle «primarie sul programma», sulle cene segrete di Bersani, sui tormenti di Marta, sulle offerte romane che un giorno venivano date per accettate e il giorno successivo per inesorabilmente respinte, sulle messe commemorative di Taviani e su litigi interni al Pd e Pdl di cui non interessa nulla a nessuno, se non ai diretti interessati.
Noi, come sempre, abbiamo cercato di raccontarvi la città. E di questo ringrazio i miei straordinari colleghi: Diego Pistacchi, Monica Bottino, Giulia Guerri, Ferruccio Repetti, Federico Casabella.
Siamo orgogliosi di fare così, mentre una parte degli esponenti del centrodestra ufficiale si entusiasma incredibilmente per i dibattiti sulle cene segrete e sulle spaccature, più presunte che vere, fra Idv e Sel, e passa il tempo a dibattere sul nulla. Senza rendersi conto che la maggior parte delle persone normali nemmeno sanno cosa significhino le sigle di Idv e Sel (il che, ovviamente, non significa che non sappiano chi sono Di Pietro e Vendola). E, soprattutto, senza rendersi conto che, se vanno avanti così, a pensare che a qualcuno interessi qualcosa se Tizio litiga con Caio della stessa corrente, quella sia una notizia. Se continuano così, gli elettori fra un po’ ignoreranno anche il significato di Pdl.
Chiusa parentesi. Dicevo che sono orgoglioso del fatto che, in questo periodo, vi abbiamo risparmiato ’sta roba, raccontandovi cose diverse. Raccontandovi, soprattutto, la città con storie inedite, o almeno provandoci.
Poi, legittimamente, tutto questo a qualcuno può non piacere, ci mancherebbe altro. Così come ci mancherebbe altro che qualcuno reclami il suo diritto a non aver voglia di fare il nostro sogno per una nuova Genova. Liberissimi di non sognare loro.

Libero io, però, di rispondere a questi signori con le parole dello straordinario Cirano di Francesco Guccini: «Io non la sopporto la gente che non sogna».
Non li sopporto nemmeno io. E insieme a Woods sogno una città diversa. In modo da non dover più pensare che il Paese di Malincònia da cui se ne vanno tutti è Genova.

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