Roma

Impiegata truffava la Asl con i pagamenti «clonati»

Per il saldo fatture forniva le coordinate bancarie di un suo complice. Sottratti quasi 2 milioni d’euro

Alessia Marani

Truffa alla Asl Rm B. Arrestata un’impiegata amministrativa dell’azienda sanitaria regionale del Tiburtino: la donna, L. M., 50 anni, produceva documenti clone per il mandato di pagamento ai fornitori di apparecchiature e prodotti medici per milioni di euro comunicando, però, all’agenzia di credito «tesoriera» della Asl le coordinate bancarie di un suo amico, un 57enne di Anzio. Con questo stratagemma, nel conto corrente dell’uomo - già arrestato nel luglio scorso dai finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria - sarebbero transitati a partire dal 2001 la bellezza di un milione e 700mila euro in diverse tranche da centinaia di migliaia di euro ciascuna, tutti soldi sottratti allo Stato e dunque ai contribuenti. Partendo proprio dalle indagini sul 57enne, nullafacente e senza reddito arricchitosi nel giro di pochi mesi, le fiamme gialle sono arrivate al «gancio», la dipendente statale incaricata, appunto, del controllo del saldo fatture per le prestazioni e apparecchiature esterne richieste dalla Asl per i propri presidi sanitari.
«In poche parole - spiega il maggiore Giovanni Palma - giobbando sul fatto che le amministrazioni pubbliche liquidano le proprie forniture “pronta cassa”, ovvero, solo e quando c’è disponibilità di denaro a seconda dei vari finanziamenti e spesso anche dopo numerosi anni, la signora riusciva a emettere una sorta di duplicato del mandato di pagamento. Fino a inviare alla tesoriera una seconda volta documenti già saldati, ma con le coordinate bancarie diverse per gli accrediti. Oppure - aggiunge - dando, di fatto, l’ok al versamento delle somme fatturate dai fornitori, ma sempre con le coordinate del conto intestato all’amico di Anzio. Credeva di farla franca, sicura che controlli su centinaia di mandati sarebbero stati quasi impossibili».
Le accuse all’impiegata vanno dalla truffa aggravata a danno del Servizio sanitario nazionale al falso in atto pubblico. A quanto pare, la donna avrebbe falsificato anche la firma di vari dirigenti di settore deputati al visto dei documenti in uscita. Una volta effettuato il pagamento come richiesto dalla Asl, l’agenzia di credito rimandava indietro allo stesso ufficio di L. M. l’incartamento con sovrascritto «pagato». Certificazione che la cinquantenne provvedeva a distruggere immediatamente perché non fossero lasciate tracce dell’enorme raggiro. Prove in parte acquisite anche durante le perquisizioni nell’ufficio di via Meda e nella sua abitazione romana. Oltre che per lei la Procura di Roma ha siglato un secondo ordine di custodia cautelare in carcere per G. G.. Ma l’inchiesta continua. Anzi. I berretti verdi di via Raffaele Costi stanno vagliando la posizione di altri dipendenti della Rm B.

Passando al setaccio il dettaglio dei singoli movimenti bancari e finanziari di ciascuno di essi negli ultimi quattro anni, verificandone il tenore di vita sostenuto a fronte degli stipendi e delle rendite effettivamente percepite.

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