Cristiano Gatti
Sarebbe il Giro più bello degli ultimi anni, vinto dal campione più forte e più completo degli ultimi anni, seguito sulle strade da tanta gente quanta non se ne vedeva da anni. Eppure un simile evento si chiude con un simpatico torneo di torte in faccia. Regolare: questo è il ciclismo. Vietato concedersi due settimane consecutive di tranquillità. Persino la vittoria di Ivan Basso, che ha battuto tutti nel modo più chiaro e più limpido, senza lasciare spazio a un solo ma, riceve in chiusura la sua bella secchiata di fango. Simoni, quello che già aveva rovinato il Giro di Cunego dandogli del «bastardo», rovina anche questo raccontando non meglio precisate richieste in denaro da parte di Basso per cedere il trionfo all'Aprica.
Inutile soffermarsi troppo sullo stile e sulla natura del gesto. Se ne occuperà un'inchiesta della federazione. Adesso conviene caso mai farci sopra un paio di ragionamenti. Il primo, il più logico: perché mai Basso, che guadagna più o meno tre miliardi (in lire) all'anno, dovrebbe pietire una mancia per lasciare a Simoni la più bella vittoria della propria carriera? Basso ha sempre vinto poco, ci ha messo tantissimo per diventare quello che è. Finalmente arriva il giorno in cui festeggia la nascita di un bambino, il giorno in cui può sigillare il suo primo Giro con la tappa più grandiosa con Gavia e Mortirolo: ecco, di fronte a tutto questo, chiede la mancia a Simoni per lasciargli la vittoria.
È plausibile? Ognuno può tirare le proprie conclusioni. Anche solo a naso. Poi c'è il resto, di natura puramente agonistica. Dice Simoni che senza la richiesta di collaborazione di Basso nella discesa del Mortirolo, lui se ne sarebbe andato. Domanda: dove? A sorbirsi, lui che è uno scricciolo, quaranta chilometri di lunghi rettilinei, battuti dal vento? Quanto ci avrebbe messo questo Basso a riprenderlo?
A seguire, l'ultimo dubbio. Supponiamo pure che Basso sia così moralmente lercio da vendere la sua tappa più bella per pochi soldi: ma lui, Simoni, si sarebbe sentito fiero e orgoglioso di una vittoria regalata?
Per inciso, il Simoni che chiede bei gesti a Basso è lo stesso che non ha alcuna pietà di Pantani, nel 2003, quando il campione allo sbando prova l'ultimo scatto verso le Cascate del Toce. Per dire come cambiano le convinzioni da un Giro all'altro.
Chiudiamola qui, è meglio per tutti. Salutiamo un Giro che ha offerto tappe bellissime (voto al percorso: 11), un vincitore enorme (voto almeno uguale), con distacchi da leggenda (il secondo a 9'18'', il decimo a 27'34'', il ventesimo a 50'43'', l'ultimo a 4h34'42''). Soprattutto, non c'è un solo sconfitto che possa recriminare. Tanto meno Simoni: l'anno scorso non ha retto il passo di Rujano, stavolta quello di Basso, spesso persino quello del suo gregario Piepoli. Le chiacchiere stanno a zero: il risul[/TESTO]tato finale è spaventosamente giusto.
Per fortuna, Basso non finisce qui. Basso qui comincia. L'Italia dev'essere orgliosa dell’unico ciclista al mondo in grado di vincere Giro e Tour nello stesso anno. A questo campione, il battuto Simoni nega la stretta di mano finale.
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