Economia

Imprese e tute blu al muro contro muro

da Milano

«Inaccettabile e irricevibile». Coniugata con il lessico familiare ai sindacati, l’espressione certifica sostanzialmente la morte di una trattativa. Quella per il rinnovo degli oltre 1,5 milioni di lavoratori metalmeccanici, è infatti da ieri appesa a un filo, tanto sottile quanto è spessa la distanza che separa i sindacati che rappresentano le tute blu dall’altro fronte della barricata, gli imprenditori.
Oggi i sindacati presenteranno una nuova proposta, ma i nodi da sciogliere sono ancora tanti. A cominciare da quelli sulla flessibilità dell’orario e, soprattutto, sulla parte salariale, considerata dai lavoratori il solo modo per recuperare almeno una parte del potere d’acquisto perduto nel corso degli ultimi anni. Lo sciopero di venerdì, scandito dall’ormai abituale forma di protesta basata sui blocchi di autostrade e ferrovie, non ha però fatto vacillare le posizioni di Federmeccanica. Disposta a mettere sul piatto 100 euro medi a regime, subordinando tuttavia un terzo dell’aumento agli incrementi di produttività. Una proposta ben lontana da quella dei sindacati, la cui richiesta è di 117 euro, più altri 30 da destinare a quanti non godono di un integrativo aziendale.
Su questo punto, la frattura si è consumata. La Fiom, attraverso il proprio segretario generale, Gianni Rinaldini, ha invitato gli industriali a «presentare un altro documento, perché quello consegnato è irricevibile. Se non lo presentano, per noi la trattativa è finita qui». Una riunione in serata è però servita alle tre sigle sindacali per trovare l’accordo sulla proposta di un nuovo documento, dopo che nel pomeriggio un timido segnale di apertura era arrivato dalla Uilm («Sono contrario a una rottura, bisogna vedere se arriveremo a una sintesi unitaria», aveva detto il segretario generale, Antonino Regazzi), mentre la Fim aveva fatto sentire il proprio no e aveva rimarcato «i problemi interni» di Federmeccanica.
A giudicare dalla risposta, di queste divisioni non c’è traccia, con la controparte che ha rispedito la palla avvelenata dall’altra parte del campo. «Noi abbiamo presentato un documento e siamo disponibili a discuterne. Altri documenti non ne facciamo. Se i sindacati hanno problemi al loro interno non possiamo continuare a presentare compitini», ha replicato il direttore generale di Federmeccanica, Roberto Santarelli. Pronto a criticare il modo in cui i rappresentanti delle tute blu hanno condotto i negoziati. Colpa loro se non si è raggiunto un accordo, ha spiegato Santarelli: «Abbiamo trovato una soluzione condivisa sul capitolo del mercato del lavoro stabilendo un tetto di 48 mesi per chi passa da un contratto interinale o non continuativo a un contratto a termine, così come sul salario abbiamo proposto 100 euro mensili lordi e siamo disposti ad aumentare l’elemento perequativo del 50% passando da 130 a 195 euro rendendolo strutturale».
I sindacati sembrano d’altra parte vittima di una sorta di sindrome da accerchiamento, non riconoscendo nel governo un alleato nella vertenza, ma semmai un potenziale nemico. Lo ha fatto capire in modo esplicito il leader nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi, duro nel criticare «la scelta infausta del presidente del Consiglio Romano Prodi di collegare gli sgravi fiscali all’aumento della produttività.

Danneggia i lavoratori e il contratto nazionale».

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