Le impronte identificano il paziente

Ogni anno vi sono pazienti che perdono la vita per errori trasfusionali. Lo scambio di persone è l’errore più comune. Negli Stati Uniti per reazione emolitica acuta dovute a trasfusioni errate si registrano molte vittime: 256 tra il ’76 e il 1985.
In Sicilia martedì prossimo si dedicherà l’intera giornata alla sicurezza del paziente e si discuterà in tutte le Aziende Sanitarie dell’Isola delle migliori metodologie per evitare le trasfusioni errate. Ragusa, questa città siciliana che ha il primato in Italia delle donazioni di sangue (92 unità contro le 36 che si hanno in Sicilia), è all’avanguardia anche per il livello di sicurezza raggiunto nelle trasfusioni grazie ad un sistema biometrico che impiega le impronte digitali adottato dall’ospedale Civile - M.Paternò Arezzo, una struttura con 400 letti che si distingue sul piano dell’innovazione.
Parliamo con il dottor Pietro Bonomo, direttore del servizio di medicina trasfusionale e di immunoematologia, già presidente della Società italiana di medicina trasfusionale. Ragusano, dopo la laurea e la specializzazione all’università di Pavia, è tornato in Sicilia e da sempre combatte per ridurre i rischi di mala sanità.
«La sicurezza trasfusionale - afferma - deve essere affrontata in ogni tappa procedurale: dal prelievo dei campioni di sangue, ai controlli sul donatore al momento della raccolta dell’unità di sangue, alla somministrazione finale dell’emocomponente al paziente. La tracciabilità deve essere totale, si deve poter risalire in ogni momento a tutto il percorso fatto dal sangue trasfuso».
L’Istituto Superiore di Sanità ed in particolare il Centro Nazionale Sangue (Cns) ha individuato da tempo l’importanza della prevenzione dell’errore trasfusionale e, per contrastarlo, ha esortato le Regioni ad attivare dei processi, anche con l’ausilio di tecnologie informatiche. «Negli ultimi cinque anni in Italia si sono registrati 29 eventi avversi dovuti ad errori durante le trasfusioni», ricorda Giuliano Grazzini, direttore generale del Cns precisando che all’origine vi è un basso livello di attenzione e procedure non sempre rispettate. «Le conoscenze che si stanno acquisendo a Ragusa - afferma - favoriranno il sorgere di iniziative in altre regioni per ridurre la variabilità del fattore umano». La trasfusione di sangue al paziente errato è il più comune e serio pericolo della trasfusione, affermò Walter Dzik, un esperto statunitense di sicurezza trasfusionale. A Palermo Attilio Mele, direttore del Centro regionale sangue ed ispiratore della giornata della sicurezza del paziente, sta preparando delle linee guida, raccomandazioni che verranno inviate a tutti i centri trasfusionali. Anche il rischio va gestito.
L’identificazione della persona al momento del ricovero, quando è traumatizzata ed a fatica fornisce le proprie generalità al personale dell’accettazione, rappresenta già un rischio, sfugge infatti al controllo del servizio immunotrasfusionale. Un dispositivo come «Securblood » consente la corretta identificazione del paziente nel reparto clinico, è quindi vitale perché annulla l’incidenza di errori trasfusionali da scambio di paziente o di emocomponente. Con la tracciabilità delle trasfusioni si registrano i vari momenti del percorso del sangue. Il meccanismo di trasmissione-dati del terminale è basato sulla presenza di un modem. «L’utilizzo dell’impronta digitale - precisa il dottor Bonomo - garantisce la presenza di un medico all’inizio della trasfusione così come prescritto dalla Raccomandazione europea (R 95). Nel periodo di iniziale implementazione e messa punto del sistema (agosto 2007-luglio 2008) sono stati trasfusi nel nostro ospedale a Ragusa 7282 componenti, di cui 5.606 (77%) utilizzando il nostro sistema. In un anno di esperienza non si è registrata alcuna trasfusione errata ».
Il software che gestisce la raccolta-dati fornisce una serie di informazioni addizionali. È una vera emovigilanza. Gli strumenti informatici consentono di identificare anche gli errori sfiorati (near misses) di cui fino a pochi mesi fa non esisteva in Italia tracciabilità a livello nazionale.

Solo il 17% degli ospedali Italiani, precisa Bonomo, utilizza sistemi informatici a supporto della identificazione dei pazienti candidati alla trasfusione. Si spera che l’iniziativa Siciliana venga replicata in altre Regioni. L’attenzione su questa fase del processo trasfusionale va mantenuta alta.

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