Gli incantesimi di Taj Mahal vincono anche contro la pioggia

Nel ’69 gli appassionati accolsero con entusiasmo Giant Step, vocabolario elettroacustico del blues di Taj Mahal. 40 anni dopo Mahal è sempre in pista e - malgrado qualche esperienza discutibile come l’infatuazione per i suoni hawaiani - è ancora un pioniere delle contaminazioni. Da qualche tempo è tornato al blues, un blues basico ma fantasioso, che media tensione e relax nel vibrante e scarno dialogo antifonale della sua chitarra (del banjo e della tastiera) col basso di Bill Rich e con la batteria di Kester Smith. Così tra richiamo alle radici e parodia è arrivato all’Arena per il Milano Jazzin’ Festival, legando alla sua voce profonda i guizzanti arpeggi di chitarra, il ragtime riadattato a calypso, la tradizione e l’attualità nel rileggere classici come Blues With a Feeling o il suo scanzonato Fishin’ Blues.

In un gioco cangiante di seduzioni melodiche e ritmiche, semplice e immediato senza mai essere banale, contemporaneo ma in chiave rustica, ha coinvolto emotivamente gli spettatori che per lui hanno sopportato persino l’acquazzone finale.

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