Incastrato dalle telefonate con l’ex capo di Prima Linea

Leader di «Stop Islam»: nella sua auto trovate bottiglie molotov

da Milano
Bella voce tenorile, fondatore e direttore di cori, guru della biodinamica, esperto di medicina omeopatica, proprietario di un agriturismo nelle colline piacentine. E, a tempo perso, bombarolo. Anzi fondatore di «Stop Islam», «Lega Antislamica» e «Fronte cristiano combattente». Artificiere e sodale di Roberto Sandalo, ex ufficiale degli alpini, ex terrorista rosso, ex pentito. Erano loro mente e braccio di una mezza dozzina, e forse più, di attentati a qualsiasi cosa suonasse arabo, moschee, centri culturali o ristoranti etnici. Lui è Maurizio Peruzzi e ieri all’alba la Digos milanese lo ha arresto, mettendo così fine a tutte le sue carriere.
Cinquantadue anni, barba e capelli lunghi e bianchi, occhiali tondi, più simile a un pacioso santone indiano che a un terrorista, inizia la sua attività di incendiario oltre due anni fa, tappezzando le strade della Lombardia con manifesti e adesivi con su scritto «Stop Islam» e un cellulare, 348.14.18.013. Un numero chiamato da almeno una sessantina di persone tra cui appunto il nostro buon Sandalo, 50 anni.
I due si intendono subito e decidono di passare all’azione. Maurizio prepara gli ordigni incendiari, Roberto li butta. Il primo nell’estate 2006 contro il ristorante arabo «Fondaco dei Mori», ignari fosse da tempo chiuso. Poi altri attentati contro moschee e centri di cultura islamica a Milano, Abbiategrasso, Segrate e Brescia.
Gli ultimi botti il 9 aprile, il giorno dopo la Digos blocca Sandalo. Nella sua Opel la polizia scopre bottiglie pronte e diventare molotov grazie a cinque litri di benzina e due di diserbante, inneschi e micce. E il timbro di «Stop Islam» con il famoso numero. Per altro già da un anno intercettato dagli investigatori che avevano ormai individuato anche Peruzzi. L’uomo, dopo l’arresto di Sandalo, capisce che presto toccherà a lui e decide di far sparire ogni traccia della sua attività. Ma la Digos lo sorprende nel suo «buen ritiro» piacentino, il Bed & Breakfast Molino del Rizzo tra Trevozzo e Nibbiano. Dove trovano targhe false, da usare negli attentati, fertilizzanti simili a quelli di Sandalo e il famoso cellulare, acquistato con il nome di Roberto Maria Severini. Peruzzi, più che confessare, spiega le ragioni della sua scelta: fosche previsioni di come presto l’Italia e l’intero Occidente saranno sommersi dalla marea Islamica. Unica diga lui e Sandalo.
Che l’uomo fosse originale, lo dimostra, al di là dell’aspetto da Babbo Natale, il suo lungo e stravagante curriculum. Nato a Milano nel 1956, parrocchia Santo Stefano, perde il padre a soli 2 anni. Ma trova in don Raffaele Ciccone una guida spirituale che lo introduce allo studio della musica e del canto. Negli anni ’70 entra nel Coro città di Milano, dove rimane fino al 1980. Quindi inizia a girovagare tra varie polifoniche fino a quando nel 1984 fonda il Coro Recercare il quartetto I Maestri Cantori.
Diplomatosi perito chimico, cerca di coniugare questa passione con una filosofia naturale, quasi «new age». Si dedica all’omeopatia e si infervora per la biodinamica. Negli anni ’90 scrive sulla rivista «Terra biodinamica» i saggi «Esami per immagini e qualità degli alimenti» e «Il veicolo della luce nella Terra».
All’inizio degli anni Duemila la nuova svolta, lascia la città e si trasferisce, insieme con la moglie e i due figli, nel piacentino dove acquista un B&b. Sul cui sito campeggia un lapidario: «Maurizio Peruzzi, chimico e profondo conoscitore di biodinamica e di cristallizzazione sensibile, metodo a indirizzo antroposofico, per determinare l’essenza vitale dei cibi, dell’acqua, della terra e la qualità degli alimenti». Chi ci capisce qualcosa è bravo.


Poi l’ultima virata: simpatia per la Lega Nord (per altro completamente estranea alle sue attività) incursioni in siti come «Raixe Venete» con lo pseudonimo «xeno56» infine la radicalizzazione dello scontro: diventa insieme a Sandalo crociato nella guerra contro l’orda musulmana. Una scelta che potrebbe ora costargli un bel po’ di anni di galera.

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