Fausto Biloslavo
Morti, feriti, saccheggi, caccia agli stranieri e linfiltrazione di milizie armate nella capitale hanno costretto le autorità di Kabul a imporre il coprifuoco. Quella di ieri, nella capitale afghana, è stata una giornata di battaglia fomentata da gruppi di studenti islamici vicini ai resti dei talebani e dellHezb i Islami, il partito fondamentalista del vecchio signore della guerra afghano Gulbuddin Hekmatyar, alleato di Al Qaida.
Tutto ha avuto inizio con un banale incidente stradale, quando un convoglio americano stava percorrendo una trafficata arteria allingresso nord di Kabul. Uno dei grandi camion di trasporto ha avuto un improvviso guasto meccanico, secondo il comando Usa. Il pesante mezzo ha investito una dozzina di automobili civili, schiacciandone alcune. «Quando sono arrivato sul posto ho visto un taxi ridotto a pezzi con i cadaveri dei passeggeri ancora a bordo. Purtroppo si distinguevano anche delle donne», racconta al Giornale Bahram Rahman, uno studente universitario che spesso ci dà informazioni da Kabul. Sul luogo dellincidente, avvenuto alle 7,30 del mattino vicino a casa sua, si è subito raccolta una folla consistente. «Allinizio la gente guardava la scena, ma era calma. I problemi sono sorti quando è arrivata la polizia afghana spiega il testimone oculare . Né gli agenti, né gli americani si preoccupavano di prestare soccorso ai feriti e di recuperare i cadaveri. Quando i poliziotti hanno dato ai soldati Usa il permesso di andarsene è scoppiato il finimondo». La gente attorno «ha cominciato a raccogliere da terra quello che trovava: pietre, pezzi di legno, qualsiasi cosa per lanciarla verso gli americani ed i poliziotti afghani». I soldati Usa si sono aperti un varco sparando in aria per cercare di disperdere la folla. Gli agenti afghani, colti dal panico, hanno invece cominciato a sparare ad altezza duomo. Secondo il ministero della Sanità i morti sarebbero tredici e i feriti oltre cento. «Li ho visti con i miei occhi e posso garantire che erano ben di più. Penso che le vittime siano circa una trentina», racconta Rahman.
La situazione ha cominciato a prendere una pericolosa piega politica quando la notizia ha raggiunto luniversità, dove si annidano gruppi di studenti estremisti vicini ai talebani ed ex affiliati dellHezb i Islami, guidato da Hekmatyar. Tutti ragazzi pasthun provenienti dallAfghanistan orientale e meridionale, le zone calde infestate da guerriglieri e terroristi. «Da tempo aspettavano unoccasione del genere per cavalcare la rivolta», spiega una fonte del Giornale a Kabul. Non solo: le vittime vivevano nella Shomali plans, la pianura a nord della capitale, e alcuni erano parenti di esponenti di una milizia armata locale, che in teoria dovrebbe mantenere lordine. Invece ieri i miliziani sono scesi a Kabul, imbracciando i kalashnikov, per reclamare vendetta.
Dopo lincidente la folla inferocita, infiltrata da estremisti islamici e miliziani, si è divisa in due spezzoni. Un corteo si è diretto verso il neo eletto Parlamento afghano per chiedere giustizia, ma gridando slogan come «Morte a Karzai servo degli americani». Il presidente del Parlamento, Yunes Qanooni, li ha incontrati calmando un po gli animi. I disordini più gravi si sono verificati sul percorso dellaltro corteo che ha puntato verso il centro città e la zona delle ambasciate. Le forze di sicurezza sono intervenute per fermare lassalto allambasciata americana, mentre i diplomatici Usa venivano evacuati. Poco distante si trova anche lambasciata italiana che ha rafforzato le difese pur non essendo stata attaccata. «Il resto della città era in mano ai rivoltosi», spiega Rahman.
I miliziani e gli estremisti islamici, ai quali si erano uniti criminali comuni, hanno saccheggiato negozi, attaccato la sede di Care, unorganizzazione umanitaria internazionale, e distrutto gli uffici di una rete televisiva privata afghana, oltre che qualsiasi simbolo occidentale e governativo. Il comando americano ha emesso un comunicato in cui esprimeva «profondo rincrescimento» per lincidente della mattinata, ma non è servito certo a placare la furia istigata dai fondamentalisti.
Allora di pranzo il centro di Kabul era a ferro e a fuoco con i poster di Karzai divelti e fatti a pezzi. In serata il presidente afghano è apparso in televisione puntando il dito contro i «sobillatori ai quali non bisogna permettere di distruggere il Paese».
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