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«Incitarono alla violenza e all’odio» Indagati due leader islamici italiani

Sotto inchiesta i capi dell’Ucoii Piccardo e Nour Dachan per gli scritti contro Israele. La replica: «Accuse fuori dal mondo»

da Roma

Con un’inserzione a pagamento su alcuni quotidiani e una lettera online rivolta alla comunità islamica durante la guerra tra Israele e Libano la scorsa estate, avrebbero istigato all’odio razziale e religioso. Questa l’accusa rivolta dalla Procura di Roma al portavoce e al presidente delle Comunità islamiche in Italia (Ucoii), Hamza Piccardo e Mohamed Nour Dachan, entrambi finiti nel registro degli indagati per le parole usate nei loro scritti.
A mettere nei guai Dachan è stata un’inserzione pubblicitaria sul Quotidiano Nazionale dello scorso 19 agosto. Ecco il titolo: «Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane». E ancora nel testo: «Marzabotto uguale Gaza uguale Fosse Ardeatine uguale Libano». L’avviso di garanzia a Piccardo, invece, è arrivato dopo la pubblicazione, il primo agosto del 2006, sul sito internet www.islam-online.it, di un messaggio per il Consiglio direttivo Ucoii in cui si «incitava a commettere violenze e atti di provocazione alla violenza per motivi razziali e religiosi». «Quello che sta succedendo in Libano e a Gaza - si leggeva tra l’altro nella lettera - è esattamente il tentativo di distruggere l’umanità positiva che si estrinseca per moltitudini di uomini e donne nella menzione del nome di Dio». A far scattare le indagini è stata una denuncia presentata alla fine di agosto da due senatori di Forza Italia, Lucio Malan e Giorgio Stracquadanio, secondo i quali il messaggio reso pubblico dall’Ucoii susciterebbe «l’odio verso Israele e gli ebrei in generale, equiparandone gli atti alla più notoriamente crudele e sanguinosa delle dittature di cui essi stessi sono state vittime». Tramite la Digos i magistrati hanno identificato come uno degli ispiratori dell’inserzione Mohamed Dachan e hanno ravvisato che nelle parole finite sui giornali c’erano eccome gli estremi per contestare ai due rappresentanti dell’Ucoii l’istigazione all’odio razziale con il cosiddetto «dolo specifico», ossia con la precisa finalità di incitare all’odio. La legge che sarebbe stata violata è la legge Reale del 13 ottobre 1975, che punisce chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico: Dachan rischia fino a tre anni di reclusione, Piccardo da sei mesi a quattro anni. Ora l’inchiesta è in dirittura d’arrivo. Il procuratore aggiunto Maria Cordova e il procuratore capo Giovanni Ferrara stanno per depositare gli atti, passaggio che prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio.
Per Piccardo le accuse che gli vengono rivolte dalla magistratura sono «fuori dal mondo». «In quel manifesto - dice - non c’è alcun incitamento alla violenza. Anzi, è un documento pacifista. Il provvedimento della Procura è un atto dovuto a seguito della denuncia di due parlamentari». Dello stesso avviso il suo legale, Carlo Corbucci: «Ma se così non fosse - aggiunge - mi sembra che l’iniziativa giudiziaria sia un po’ preoccupante». Maurizio Gasparri, dell’esecutivo di An, chiede che l’Ucoii esca dalla Consulta islamica: «Incitare alla violenza e diffondere idee fondate sull’odio razziale - osserva - sono reati gravissimi, che vanno puniti con fermezza anche alla luce dei recenti fatti di cronaca».

«Era ora - commenta invece Andrea Gibelli, vicepresidente dei deputati della Lega Nord - dietro la velina della libertà religiosa c’è chi si permette di poter dire qualunque cosa».

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