Torino - Lo stop definitivo alla sperimentazione era giunto nel luglio di due anni fa, al termine di una battaglia infinita tra fautori e avversari della pillola abortiva, la famosa «Ru486». L’esperimento, avviato nel settembre 2005 all’ospedale Sant’Anna di Torino, aveva suscitato polemiche e sospetti e attirato l’attenzione della magistratura, che sulla vicenda aveva aperto un’inchiesta. Inchiesta chiusa ora con quattro medici iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di aver violato il protocollo di sperimentazione stabilito dall’allora ministro della Salute Francesco Storace. «Le pazienti che scelgono di abortire – aveva ordinato Storace – devono essere ricoverate in ospedale». Ma per la magistratura questo non sarebbe sempre accaduto.
I nomi iscritti nel fascicolo d’indagine dei pubblici ministeri Raffaele Guariniello e Sara Panelli sono quelli di Silvio Viale, coordinatore del protocollo sulla sperimentazione; Gian Luigi Boveri, ex direttore generale della struttura di corso Spezia; Marco Massobrio e Mario Campogrande, direttori dei dipartimenti universitario e ospedaliero di Ostetricia e Ginecologia del Sant'Anna. Ai quattro medici indagati i magistrati contestano la violazione del protocollo Storace, nel quale era indicato con precisione come le pazienti alle quali venivano somministrate le due pillole per interrompere la gravidanza dovessero essere ricoverate fino al completamento dell’aborto. Un’indicazione giunta direttamente dall’allora ministro della Salute, intervenuto personalmente per correggere quel protocollo. Tra l’assunzione della prima pillola e l’assunzione della seconda trascorrono generalmente due giorni, per l’ex ministro le pazienti non avrebbero dovuto lasciare per nessun motivo l’ospedale durante quelle 48 ore. E invece, la maggior parte delle donne che erano sottoposte alla sperimentazione della Ru486 avrebbe poi abortito a casa prima della somministrazione della seconda pillola, prevista dal protocollo per il terzo giorno.
La sperimentazione della pillola era stata avviata nel settembre 2005 e subito sospesa dal ministro Storace, che aveva avanzato dubbi sulle modalità con le quali veniva condotto lo studio sulle pazienti. Poi, dopo un mese e mezzo di stop, l’esperimento era ripreso. Infine, nel luglio 2006, l’interruzione definitiva. Tra mille polemiche e perplessità.
«Da parte nostra - si difende Silvio Viale - non c’è stata alcuna violazione della legge, dal momento che tutte le pazienti cui abbiamo somministrato la pillola hanno scelto volontariamente di interrompere la gravidanza. In nove mesi di sperimentazione, sono state 362 le donne che hanno scelto di rivolgersi al Sant’Anna di Torino». E la violazione del protocollo Storace? «Non mi risulta - è la pronta replica del ginecologo -, non ricordo di aver ricevuto dal ministero della Salute l’ordine di trattenere in ospedale le pazienti. Ricordo - conclude Viale - solo un parere espresso nel 2005 dal Consiglio Superiore di Sanità, secondo cui avremmo dovuto trattenere in ospedale le pazienti alle quali era stata somministrata la Ru486».
Al solo Viale, poi, la Procura di Torino contesta anche le accuse di falso ideologico e tentata truffa ai danni della Regione Piemonte: le schede di dimissione ospedaliera firmate dal ginecologo risulterebbero, infatti, prive dei permessi d’uscita.
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