Le indivisibili gemelle unite anche nel parto

Sono fatti così, copia incolla di se stessi, un mondo chiuso ma di uguali. Prendi Jim e Jim. Si chiamano allo stesso modo ma con due cognomi diversi, uno Lewis, l’altro Springer. Separati alla nascita e adottati da famiglie diverse, ignari l’uno dell’altro, cloni per caso. Si sono incontrati senza capire perchè, dopo una vita passata senza sapere dell’esistenza dell’altro. Talmente in sintonia tra loro, anche se sconosciuti, che uno cominciava la frase e l’altro la finiva. Entrambi da bambini avevano avuto un cane e lo avevano chiamato Toy. Tutti e due si erano sposati con una donna di nome Linda, avevano divorziato e si erano sposati con Betty. Su spiagge uguali ma lontane, ma sempre in Florida. Hobby? Falegnameria. Birra preferita? Miller. Sigarette? Salem. Solo ai loro figli, uno a testa, avevano dato un nome diverso: Jim Alan uno e Jim Allen l’altro. Ognuno sta solo sul cuore della terra. Beh, loro no. A volte non sanno chi sono, i geni identici, le facce a specchio, il destino giocato tra l’insieme e il suo contrario.
I gemelli sono un mondo misterioso che ha regole inflessibili ma sconosciute, crescere con il proprio duplicato, condividere la vita con l’esatta copia di se stessi, a volte invece di due persone distinte, due metà della stessa persona. Aimo, finlandese, pedala verso le campagne senza fretta, la mattina presto: muore travolto da un camion che nemmeno vede. Prima ancora che la polizia finisca i rilievi, Albert, il gemello, sulla stessa strada, a poche centinaia di metri, senza sapere niente della sua metà, finisce sotto un altro camion, in bici pure lui, come allo stesso appuntamento. Branko e Ivan, croati, si suicidano l’uno all’insaputa dell’altro, lo stesso giorno, uno impiccato a una trave di casa, l’altro con un colpo alla tempia, in famiglia tutti e due, ma soli come nessuno tranne loro due. Un cerchio chiuso e uno aperto. Reece e Louise, londinesi, sono gemelli come tutti gli altri ma lui ha la pelle nera del padre e lei con quella bianca della madre; Niaamh e Emma, sono state concepite nello stesso istante ma in vitro, una adesso ha ventun anni, l’altra cinque, una la differita dell’altra.
Le ultime della fila sono Danielle e Nicole Fisher, americane del New Jersey. Meticolose da sempre, precise fino al pedante. Sono nate ventitre anni fa, a dodici minuti di distanza l’una dall’altra. E alla stessa età hanno voluto, senza dirselo, un bambino. Non, così giurano, con lo stesso uomo e non, così spiegano, nello stesso momento. Per questo quando una ha annunciato alla famiglia di essere rimasta incinta, l’altra ha preferito non dire niente per non rubare la scena alla sorella. Al «Courier Post» hanno detto di non essersi messe d’accordo, ma l’hanno detto nello stesso momento quindi non c’è da fidarsi. Coincidenze. A Danielle, che aveva ormai superato i nove mesi, è stato imposto il parto, nello stesso momento in cui Nicole, che era invece in anticipo di due settimane, ha iniziato spontaneamente il travaglio.

Stanze diverse, stesso ospedale. Maschio il primo, maschio il secondo, a dodici minuti di distanza l’una dall’altra le madri, a tredici minuti di distanza l’uno dall’altro i figli. Condannati a essere gemelli, Ma loro si diversi.

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