Politica

Un infiltrato ha fatto saltare il complotto

Figura chiave dei 24 arrestati è il cittadino inglese Rashid Rauf, catturato in Pakistan

Lorenzo Amuso

da Londra

L’allarme scatta alle 21 di mercoledì sera, quando i vertici della polizia e dell’intelligence britannica vengono informati che una cellula terroristica, probabilmente legata ad Al Qaida, è pronta ad entrare in azione nel giro di 48 ore. Un piano che prevede una serie di attentati su un numero imprecisato di voli intercontinentali, ideato e pianificato nel corso degli ultimi 12 mesi. La risposta di Scotland Yard e dell’MI5, che ha portato all’arresto di 24 presunti terroristi (uno dei quali più tardi rilasciato ma ancora sotto inchiesta), è un’operazione di prevenzione e sorveglianza senza precedenti nella storia al terrorismo. Il complotto è sventato grazie a un agente di Scotland Yard infiltrato nella cellula terroristica, ma anche alla collaborazione dell’intelligence americana e del governo pachistano.
L’inizio delle indagini risale addirittura all’estate 2005, poche settimane dopo le esplosioni nella metropolitana di Londra. I servizi di sicurezza britannici decidono di monitorare un migliaio residenti nella capitale britannica, sospettati di simpatie per la Jihad. Una misura preventiva che non tarda a fornire preziose informazioni. Emerge che uno dei gruppuscoli sotto esame può contare su appoggi in varie regioni dell’Inghilterra - est di Londra, Wycombe nel Buckinghamshire e Birmingham - come in numerosi altri Paesi. Britannici di origine pakistana, ma anche nord-africani, sono poco più di 20 i sospettati. Dal dicembre 2005 non vengono più abbandonati.
Gli agenti della divisione antiterrorismo di Scotland Yard diventano le loro ombre invisibili. Ne ascoltano le telefonate, seguono le loro navigazioni in rete, registrano ogni spostamento. Una speciale unità si occupa dei conti correnti bancari, del flusso di soldi, delle spese quotidiane. Viene coinvolto anche l’MI6, che contatta decine di agenzie di controspionaggio negli Stati Uniti, in Pakistan, nelle regioni nord-africane e in Germania alla ricerca di informazioni sugli indiziati.
A confermare i sospetti degli inquirenti - rivela una fonte dei servizi -, le alte somme di denaro transitate sui loro conti. La morsa si chiude. All’inizio della settimana viene intercettato un messaggio proveniente dalle carceri del Pakistan. Quando finalmente si riesce a decodificarlo, scatta l’allarme. Si tratta del segnale di via libera tanto atteso dalla colonna londinese. «Portate i vostri attacchi, ora». L’ordine è di entrare in azione al più presto.
Le fonti della sicurezza di Islamabad, rivendicando il merito di aver «fornito informazioni vitali» all’inchiesta, sostengono che il blitz della polizia britannica è stato possibile proprio grazie all’arresto martedì scorso di sette sospetti, e a quello di altri dieci effettuato ieri. Tra loro, due cittadini britannici di fede musulmana, che in una conversazione intercettata parlano di «un complotto per far esplodere aerei in volo». Figura chiave dell’inchiesta è il cittadino britannico Rashid Rauf, legato ad Al Qaida, arrestato in una zona di confine con l’Afghanistan.
L’unità d’emergenza del governo ritiene comunque che il piano prevedesse due ondate di attacchi. La prima programmata per mercoledì 16 agosto (ma oggi avrebbero dovuto effettuare i test), aveva come obiettivo cinque città americane: New York, Washington DC, Boston, Chicago e Los Angeles. La seconda avrebbe coinvolto addirittura 12 aerei, che dovevano esplodere simultaneamente in mezzo all’Oceano Atlantico oppure in prossimità degli aeroporti, per provocare il maggior numero di vittime possibili.
I sospetti avrebbero utilizzato «bombe liquide», nascondendo gli esplosivi (il triperossido di triacetone, la stessa sostanza chimica utilizzata negli attentati alla rete dei trasporti londinese) in bottiglie di plastica di Gatorade con doppiofondo. Una volta in volo, grazie a speciali detonatori nascosti in banali dispositivi elettronici (Ipod o macchine fotografiche) sarebbe stata innescata l’esplosione.
Due attentatori erano pronti a salire, separatamente, su ogni aereo, trasportando ciascuno metà dell’«attrezzatura» necessaria. Una precauzione in più per non mettere a rischio il piano, che nella folle ambizione dei suoi ideatori avrebbe dovuto essere «più grande dell’11/9». Un delirio sgominato dall’intervento di centinaia di agenti, richiamati in tutta fretta dalle ferie. Come è accaduto al vice-commissario della Metropolitan Police, Andy Hayman, costretto a salire sul primo volo Easyjet per coordinare le operazioni.
Mentre proseguono le ricerche di tre, forse quattro, complici ancora a piede libero, per il momento non trova conferma l’indiscrezione apparsa su alcuni quotidiani secondo cui sarebbe stato trovato nell’abitazione di uno dei fermati un video-testamento.

Uno dei punti sui quali si attende ancora chiarezza.

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