Inflazione più fredda in Eurolandia

Inflazione più fredda nella zona euro, ma con l’Italia che si muove controtendenza, mentre negli Stati Uniti l’aumento dei prezzi al consumo conferma la contenuta dinamica della parte core (al netto di alimentari ed energia). Resta ora da vedere quale valore verrà dato da Bce e Federal Reserve agli ultimi dati in chiave di politica monetaria. Secondo Eurostat, nel mese di ottobre l’inflazione all’interno dell’area euro è scesa al 2,5% dal 2,6% registrato a settembre. Fra i grandi Paesi Ue, l'Italia è l'unico a registrare un aumento sensibile dell'indice dei prezzi al consumo, dal 2,2% di settembre al 2,6% in ottobre. Ciò è probabilmente dovuto a una sorta di sfasamento temporale, dal momento che nei mesi scorsi il costo della vita in Italia aveva avuto un andamento più contenuto rispetto a quello delle altre nazioni. Male anche la nostra bilancia commerciale, in rosso nei primi nove mesi per circa 7 miliardi di euro, il peggior dato dal settembre ’91. Negli Stati Uniti, i prezzi al consumo hanno invece registrato un aumento dello 0,2%, pari a un più 4,3% annuo; la parte core ha segnato un incremento dello 0,2% e del 2,1% tendenziale, un livello che secondo alcuni economisti appare ancora sotto controllo e tale da consentire alla Fed di proseguire nella fase di graduale rialzo dei tassi. Le previsioni collocano il costo del denaro Usa dall’attuale 4 al 4,50-4,75% entro la prima metà del 2006, quando la fase della stretta potrebbe esaurirsi.

Quanto alla Bce, secondo fonti di banche centrali citate dall’agenzia Market News International, il rialzo dei tassi di un quarto di punto è altamente probabile nel prossimo gennaio. A rendere meno probabile la mossa in dicembre sarebbero i disaccordi all’interno del board Bce su quando agire.

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