Politica

Informazione a passo di gambero

Il garante della privacy si è garantito un’imbarazzante retromarcia. Al convegno della Federazione nazionale della stampa ha infatti riconosciuto che per i politici la tutela della loro vita privata è attenuata rispetto alle persone comuni. È persino giunto a dire di essere d’accordo con me su alcuni dei temi che riguardano la spregiudicatezza delle intercettazioni telefoniche. Ma Pizzetti non è il solo a intonare «indietro miei Prodi». Ieri sera, sul far della mezzanotte, l’Ordine dei giornalisti della Lombardia, quello più svelto di una lepre o forse di un coniglio, per bocca del suo presidente ha proposto di archiviare il procedimento disciplinare che una settimana fa aveva aperto contro di me per la nota questione Sircana.
Al convegno della Fnsi mi è toccato perfino d’aver di fianco un mesto Stefano Menichini, il direttore di Europa, quello che sotto un titolo british («Belpietro, che schifo») aveva lanciato una fatwa contro di me e la mia famiglia. Sperava che avessi letto il suo fondo, in cui, senza chiedere scusa, si domandava se per caso non avesse esagerato. La poderosa macchina da guerra che doveva schiacciare Il Giornale, reo di aver pubblicato una storia da marciapiede in cui era coinvolto il portavoce del governo, ora batte in ritirata. Authority, Ordine professionale, direttori di giornali di partito pronti a tenere lezioni di giornalismo, adesso camminano imbarazzati all’indietro. Resiste solo Enzo Biagi. Ma bisogna essere comprensivi: non gli avranno ancora letto i giornali degli ultimi giorni, quelli da cui appare chiaro che lo scandalo non è stata la pubblicazione della notizia del presunto ricatto al portavoce del governo, ma l’omertà da parte di molti giornali. Cito tutto ciò non per attribuire a noi del Giornale i meriti del successo e gonfiare il petto, ma per segnalare la prontezza della stampa e del collegume nazionale, vertici di garanzia e Ordini compresi.
Da questa storia emerge il conformismo, la pavidità e la sottomissione di molti maestrini che per anni ci hanno impartito lezioni d’indipendenza, autorevolezza e distanza dal potere. Mai come in questo caso si è capito che la stampa non mantiene alcuna distanza di sicurezza dalla politica, ma è invece lontanissima dalla gente comune. Per me il caso è chiuso. Sircana faccia quello che vuole, che vada a Palazzo Chigi o a transessuali non cambia nulla. Qualcuno, politicamente a lui vicino, lo ha invitato a dimettersi. Veda lui.
Ciò che invece resta aperta è la questione Rcs. La manfrina con cui i vertici della Rizzoli-Corriere della Sera hanno ottenuto dal fotografo la restituzione di 100mila euro, che avevano sborsato per nascondere le foto di Sircana, rivela una paura: la casa editrice è quotata in Borsa e, di fronte alla notizia di un direttore che ha speso 200 milioni di vecchie lire per togliere dal mercato le foto del portavoce unico del governo, qualche piccolo azionista avrebbe potuto alzarsi in assemblea e chiedere conto dello strano investimento, se non addirittura invocare un’azione di responsabilità.
Certo gli amministratori avrebbero dovuto spiegare modi e retroscena dell’imboscamento. Con la restituzione dei 100mila euro il pericolo è scongiurato. Il danno non c’è, almeno in bilancio. Per quel che riguarda la faccia, è meglio per ora sorvolare.

Ma ne riparleremo fra un po’.

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