Voi come gradite le patatine a tavola? Servite direttamente dalla padella nel piatto? Confezionate, tipo stuzzicadenti, in apposito cartoccio? E l'insalata di barbabietole e zucca la volete condita, con o senza sale? Il brodo lo preferite in tazza grande o nella fondina classica? Domande epocali, se ne parla nel Regno Unito ma unito fino a un certo punto. Perché tutto il world è country, come si potrebbe tradurre all'italiana, i parlamentari inglesi fanno i capricci e sono viziati come e più dei nostri. Una indagine maligna dei colleghi del Daily Telegraph è andata rovistare tra quei moduli di reclamo che vengono messi a disposizione dei clienti di ristoranti e alberghi per lamentele, opinioni, apprezzamenti sul servizio, qualità del cibo, accoglienza. Accade anche alla mensa della Camera dei Comuni, secondo formalità e abitudine made in England. Ne viene fuori una raccolta irresistibile di privilegi e petulanze tipiche di chi pensa di vivere sull'isola del tesoro ma non si ricorda che il tesoro non è suo ma ha origine dalle tasche dei contribuenti. Per esempio, come detto, le patatine servite in padella «saranno anche trendy ma non sono sinonimo di eleganza». Per esempio «non è bello che i camerieri alle dieci e trenta ci dicano che il tempo della colazione è esaurito, chi ha fame dove e che cosa può far mordere i denti nobili o illustri »? Per esempio «perché mai i distributori automatici sputano fuori un sacchetto di patatine fritte che pesano, stando alla confezione, grammi 35, quando invece il peso effettivo è inferiore di grammi 10?» E perché mai un deputato del Regno deve pagare un bicchiere di Merlot quasi tre euro, lo stesso prezzo che dovrebbe pagare al bancone di un maleodorante pub, dunque, come risulta da una delle mille rimostranze scritte, sentirsi trattato «come un cittadino qualunque, anzi di serie B»? E perché la cucina continua a offrire quel purè sciapo a uomini che dal mattino all'ora del the si sacrificano per la Patria? Un pranzo, sorry un breakfast più un lunch, viene a costare quasi dodici euro anche se ne costa diciannove ai contribuenti. Il tutto innaffiato da trecentomila euro di vino e champagne, indennità prevista per un anno di dibattiti e leggi, per un totale di costi che supera i 6 milioni, in lettere sei, di euro, soltanto per la pappa. Forse nemmeno Elisabetta e Filippo pagano questa cifra per le cene di tutti i Windsor del reame ma si sa, niente sesso sono inglesi ma con la fame non scherzano.
Del resto l'indagine del Telegraph non è nuova.
Già in passato il quotidiano si era occupato dei rimborsi spese dei parlamentari inglesi, uno scandalo che aveva costretto il presidente dei Comuni, lo speaker Michael Martin, a rassegnare, primo in trecento anni di storia, le dimissioni, soltanto per aver tenuto nascosta la vicenda. Martin non aveva commesso reati, non aveva colpe, non era titolare né lui, né parenti e affini, di dimore all'estero ma la sua omertà era uno schiaffo all'Inghilterra. Novanta parlamentari su seicentoquarantasei furono coinvolti nello scandalo e tutti dimissionari: c'era quello che ricevette ventimila euro di rimborso per le spese di un fossato attorno al suo castello, un altro che ottenne il risarcimento per la costruzione di una piccola isola sul lago, con casetta per le papere, uno per l'acquisto di biscotti per il gatto, un altro per il mutuo già estinto e ancora per gli adattatori di corrente o per le prese elettriche in cucina.
Roba piccola, come si può leggere e capire, che comunque ha fatto saltare sulla sedia, forse sul trono, anche la regina. La quale un giorno, mutuando certe abitudini nostrane, potrebbe anche dire di non conoscere chi sia il proprietario di Buckingham Palace. In caso di eventuale contenzioso Elisabetta sa che Dio la salverà.
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