Ingroia contesta, ma non vuole sporcarsi le mani "Io non (ancora) pronto a scendere in politica"

Il procuratore aggiunto di Palermo rivendica il suo diritto a partecipare all'agone politico e ai convegni. Ma almeno per il momento non scende in politica. E accusa: "Toga rossa è un insulto a chi deve essere indipendente

Ingroia contesta, ma non vuole sporcarsi le mani "Io non (ancora) pronto a scendere in politica"

Partigiano della Costituzione, ma non ancora pronto a scendere in politica. Lo ribadisce il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, dopo le polemiche nate dall'intervento al congresso del Pdci. Non svestirà la toga, insomma. Almeno per ora. 

Intervistato da Radio 24, il pm ha precisato: "Mai in politica? Mai è un impegno che non viene chiesto a nessun cittadino italiano, per cui non può essere chiesto neanche a un magistrato. Però al momento non ne vedo le condizioni". Ingroia rompe il silenzio e prova a rispondere così alle critiche piovute da ogni parte. Un magistrato dovrebbe essere superpartes e non fare politica, eppure da Di Pietro a De Magistris sono diversi gli esempi di personaggi che sono passati dall'aula del Tribunale all'Aula del Parlamento.

E, proprio su questa base, Ingroia rivendica il diritto a candidarsi come cittadino, prima che come magistrato: "In linea di principio i magistrati non possono essere espropriati del diritto di elettorato attivo o passivo. Però ci sono profili di opportunità: non è opportuno che un magistrato si candidi in un luogo dove ha esercitato le funzioni fino a poco tempo prima". E se la vocazione politica fosse solo passeggera? "C’è un dibattito in corso", sostiene, "c’è chi si dimette totalmente come ha fatto il ministro Palma, ma lo ha fatto dopo che è stato nominato ministro alla Giustizia, oppure c’è chi si impegna a non tornare in ruoli e in funzioni calde, come ha fatto Giuseppe Ayala".

Finora il procuratore non è più tornato sul suo intervento al congresso del partito di Diliberto, ma ora spiega di aver detto "una cosa ovvia". Il problema, secondo lui, e che "si manipolano le mie dichiarazioni, come sul Giornale dove un titolo ieri diceva Ingroia confessa di essere comunista. Io non mi sono dichiarato partigiano comunista ma partigiano della Costituzione". Ma, se era "una cosa ovvia", che bisogno c'era di precisarlo? "E' in atto una chiara manovra di assedio nei confronti di alcuni principi costituzionali", dice Ingroia, "Basti pensare alle leggi ad personam, alla legge sulle intercettazioni, tutte leggi che puntano a restringere i margini di autonomia e indipendenza della magistratura e intaccare il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Io rivendico solo il diritto di partecipare al dibattito politico sui progetti di legge. Avrà diritto la
magistratura a dire la propria? Poi il Parlamento è sovrano e se approva queste leggi, io magistrato non posso far altro che
applicarle".

Insomma, nessuna "toga rossa", termine che per il pm è un insulto perché un giudizio di appartenenza politica verso una persona che deve essere indipendente. Eppure, nonostante sia un magistrato, non ha nessuna intenzione di tenersi lontano dall'agone politico edi intervenire a convegni se chiamato a parlare di temi della giustizia: "Andrei anche se mi invitano quelli del Pdl. Non è mai accaduto.

Non credo abbiano molta voglia di ascoltare il punto di vista di alcuni magistrati, l’unica condizione che pongo è non venir messo in contraddittorio con miei indagati o imputati, cosa che può accadere in platee politiche".

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