RomaLimpegno dellItalia continua, altro che richiesta di «sconto». E nessuna rinegoziazione in vista per la riduzione di emissioni di CO2. Semmai, vi è solo la richiesta di un «personale interessamento» del presidente della Commissione Ue, affinché si trovi una «soluzione condivisa». Tocca a Paolo Bonaiuti, da New York, smontare sul nascere una nuova polemica tra il governo e Bruxelles. Legata, stavolta, ad una spinosa questione ambientale. Con una querelle che si rianima, mentre è in corso al Palazzo di Vetro lAssemblea generale dellOnu, complice una recente lettera di Silvio Berlusconi a José Manuel Barroso.
Una missiva che apre senza ragione, secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, uninutile disputa. «A Bruxelles è stato purtroppo montato un caso sulle emissioni di anidride carbonica, ma il caso è noto», sottolinea infatti Bonaiuti in una nota di palazzo Chigi. Ovvero, «il governo italiano ha mandato una lettera al presidente Barroso per segnalare le gravi difficoltà per le aziende italiane a causa dellassegnazione delle quote del CO2». Detto questo, «non ha mai chiesto al presidente Barroso di rinegoziare queste cose, ma gli ha semplicemente sottoposto il problema, chiedendo il suo personale interessamento per arrivare a una soluzione condivisa». Come dire, tanto rumore per nulla. Anche perché, «lItalia - assicura Bonaiuti - è ovviamente impegnata nella difesa dellambiente, ma è altresì chiaro che si tratta di un problema di vitale importanza, non solo per lo sviluppo del nostro Paese, ma anche per mantenere eque condizioni di concorrenza allinterno dellUnione Europea».
Fin qui, la posizione di palazzo Chigi, rilanciata qualche ora dopo la presa di posizione del commissario europeo allAmbiente, Stravos Dimas. Che attraverso la sua portavoce, Barbara Helfferich, rimarca come i piani nazionali di assegnazioni delle emissioni (Nap), che ogni Stato membro dellUe ha stabilito per il periodo 2008-2012, «non sono più negoziabili». Daltronde, i tetti «sono stati stabiliti» con «una procedura fissata dalla legislazione europea. Nel frattempo, lo stesso Dimas si dice pronto a valutare le questioni poste dal governo italiano sui costi del Nap. «Noi ascoltiamo sempre le preoccupazioni degli Stati membri - afferma il commissario allApcom - e siamo pronti a spiegare come funziona il sistema Ets (il mercato europeo dei diritti emissione, ndr) e qualsiasi altra questione correlata. La legislazione comunitaria, comunque - avverte - non permette aggiustamenti ex post» dei tetti alle emissioni.
«Abbiamo posto alla Commissione Europea un problema reale - rimarca dal canto suo Stefania Prestigiacomo - che deriva dalla logica distorta della vecchia direttiva emission trading», modificata nella nuova direttiva, approvata nel dicembre scorso nel cosiddetto pacchetto 20-20-20. In base a quella logica, «lItalia dovrebbe pagare circa 1 miliardo di euro per acquistare diritti di emissione da Paesi che ne hanno la disponibilità». E «specie allest», spiega il ministro dellAmbiente, dove «hanno dovuto dismettere impianti obsoleti e molti inquinanti, si ritrovano oggi con quote demissione in eccesso, che possono vendere sul mercato. Paradossalmente, lItalia dovrebbe comprare quote demissione da chi inquina di più».
Manco a dirlo, però, il caso monta pure a Roma. E lopposizione ne approfitta per contestare liniziativa del premier. «Proprio mentre il tema dellambiente diventa agli occhi di tutto il mondo una delle chiavi per uscire dalla crisi, il presidente del Consiglio, al di là delle parole - attacca il segretario del Pd, Dario Franceschini - insiste a chiedere sconti nellimpegno italiano per la riduzione delle emissioni di CO2. È una posizione grave e che mette in ridicolo lItalia anche davanti agli organismi internazionali». Non perdono loccasione i dipietristi.
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