Cronache

Insieme senza pregiudizi

Insieme senza pregiudizi

Gino Fantin

Per la perdita di elasticità del cristallino si verifica la presbiopia che fa vedere gli oggetti lontani più distintamente di quelli vicini. Fa da contraltare la miopia, a seguito della quale si verifica il fenomeno inverso. Con una differenza che non investe la sfera dell’ottica in quanto la miopia è anche sinonimo di poca perspicacia o di mancanza di acume. Ecco quanto sta succedendo al nostro orticello.
Ho utilizzato metafore per rintuzzare gli attacchi esterni di avversari veri o immaginari, senza troppo curarmi di eventuali pecche o manchevolezze che si insinuano nelle nostre falde. Mai una volta ci siamo domandati se le nostre file, il fronte interno, che è la struttura portante dell’organizzazione venatoria, non presentasse qualche crepa atta a produrre infiltrazioni. E non mi riferisco alle numerose defezioni di qualche frangia che pur ci sono state e ancora ci sono. Sono défaillance tutto sommato comprensibili quando si è in tanti, costretti tutti a respirare in continuazione zaffate politiche o partitiche. E neanche ai malumori o alla diserzione più o meno giustificata di qualche amico in buona fede, quando i numeri sono rilevanti, è un fatto fisiologico. O semplicemente alla delusione e al ritiro di elementi di una società che ha perso la voglia e la forza di reagire agli attacchi incessanti che ci vengono mossi e alle penalizzanti batoste che ci sono inflitte.
Si comincia dall’abnorme lievitazione dei costi di esercizio di uno sport che dovrebbe essere popolare, si prosegue con le limitazioni di tempo e luogo e con le preclusioni di pretta matrice italica figlie di una asfissiante burocrazia. Così qualche amico cacciatore se ne va all’estero, non tanto e non solo per incontrare buone occasioni e abbondante selvaggina, ma soprattutto per scrollarsi di dosso il diluvio nostrano di patenti, licenze, tesserini, permessi, schede et similia, con l’insofferenza di uno spinone che emerge dalla palude scrollandosi una goccia d’acqua gelata.
E neanche questo è nuovo se è vero che autorevoli personaggi prima e meglio di me ne hanno fatto cenno. Quello che invece non era stato fino a ora sottolineato con coraggio è la mancanza dello «spirito di corpo» che era il mastice tenace che compattava le nostre file. D’accordo, il nostro è un mosaico con mille tasselli: ma, se non li incastri e cementi a regola d’arte, testano un mucchio di sassi.
Sembra che il nostro mondo si stia ingessando in una serie di compartimenti stagni e neanche questa è una novità. Anzi, a suo tempo l’abbiamo combattuta. Credevamo di averla esorcizzata. Invece è tornata prepotente, al punto da farci riconoscere e etichettare categorie ben individuate. Dai cinghialai ai lepraioli, dai beccacciai ai capannisti, figli di un dio minore. Una babele di scelte esclusive, un’aristocrazia a strati e livelli, la costruzione di nicchie elitarie: tutto ciò rende sordo il dialogo tra i figli della stessa Madre. Non è così che si crea una valida linea di difesa.

In questo modo si minano invece, e fortemente, le fondamenta della casa comune, con sommo gaudio di chi spera di vedercela crollare addosso.

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