Insorge Facchetti jr: «Un falso vergognoso»

«Un’assurda falsificazione». Gianfelice Facchetti non usa giri di parole per sgretolare quella che i legali di Moggi hanno battezzato come «la madre di tutte le intercettazioni». Ovvero, quella telefonata del novembre 2004 dove, durante il colloquio tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo, si parla di «griglie» e si fa il nome dell’ex arbitro Pierluigi Collina.
«In tale conversazione - spiega Gianfelice Facchetti - a mio padre viene attribuito l’aver pronunciato il nome di Collina, mentre è per primo Paolo Bergamo a nominarlo; di conseguenza, ne è risultata un’interpretazione totalmente differente dalla realtà delle cose, utilizzata peraltro dai legali stessi di Moggi in aula e diffusa con irresponsabile complicità da alcuni organi di informazione». E ancora: «Se questa era la madre di tutte le telefonate, allora la madre ha appena abortito qualche ora fa. Per il resto credo che se ognuno si fosse preso le sue responsabilità, si sarebbero alleggerite le posizioni di tutti». E se il presidente nerazzurro Massimo Moratti liquida la vicenda con un «non ho seguito nulla, non ho avuto tempo per farlo», tocca ancora a Gianfelice Facchetti prendere le difese del padre e - di riflesso - dell’Inter: «Non credo che stiamo nella stessa posizione rispetto al signor Moggi ed altre persone. Non dimentichiamo che ci sono tutta una serie di altri fatti imputati di altra importanza e valore. Capisco la voglia di rivalsa, di vendetta, ma anche di una giustizia che arrivi a fare chiarezza su certe risposte che non sono state precise e che, magari, meritano dei chiarimenti. Tutto questo lo capisco, fin quando è qualcosa che rimane entro certe frasi. Ho trovato un attacco alla figura di mio padre molto forte, volgare e anche violento».
Non solo le griglie arbitrali nel polverone. Anche le cene a casa dell’ex designatore arbitrale Paolo Bergamo con i principali dirigenti del calcio italiano sono state uno dei temi più dibattuti nelle aule del tribunale di Napoli. «Sono diventato - ha spiegato Bergamo - quello che faceva le cene e poi si trasformava nel maghetto del sorteggio. Con mia moglie decisi che quando fossero venute a giocare a Livorno Inter, Juve e Milan, avremmo potuto organizzare delle cene con Facchetti, Galliani e Moggi, amici che conosco da 35 anni. Così a gennaio telefonai a Facchetti che stette a cena da me. Lo stesso feci con Galliani ma lui il giorno prima della partita mi spiegò che essendo candidato alla presidenza della Lega la cosa poteva essere mal interpretata e declinò. A fine campionato, con la Juve già campione, chiamai Giraudo chiedendo se fosse un problema per lui la presenza di Innocenzo Mazzini. La cena ci fu - ha ricordato - con la mia casa circondata dai carabinieri ma i regolamenti non vietavano questo tipo di cene».
Sarà. Intanto c’è già chi urla alla restaurazione.

«Alla luce del lavoro di ricerca, della vera e propria controinchiesta efficacemente compiuta dai legali di Luciano Moggi - invoca Daniele Capezzone, portavoce del PdL - quella che fu chiamata Calciopoli si rivela una campagna parziale, incompleta, e quindi inaccettabile. Il “teorema” si sta sgretolando, e i tifosi di calcio non sono più disposti ad essere ingannati da campagne mediatiche faziose e a senso unico».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica