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«Insulti al pubblico» per rinnovare il teatro

Fabrizio Arcuri rilegge da stasera al Furio Camillo il dissacrante testo dell’austriaco Peter Handke che vuole denunciare la sonnolenza degli spettatori

Laura Novelli

Per rinnovare il linguaggio teatrale bisogna metterlo in discussione, negarlo, strapparlo da cliché e convenzioni. Solo così il teatro può offrirsi quale strumento di analisi - critica - della società. E solo così può esistere una vera comunicazione tra chi recita e chi assiste. È un geniale demolitore di forme e tradizioni letterarie codificate il drammaturgo e sceneggiatore austriaco Peter Handke, autore di opere provocatorie quali «Kaspar» (una disamina della funzione dell’artista nella collettività), «La pupilla vuole essere tutore» (un canovaccio muto teso a valorizzare la forza espressiva del gesto), «Cavalcata sul lago di Costanza» (un copione senza copione nel quale gli attori dialogano con il pubblico parlando di problemi esistenziali) e la celebre «Insulti al pubblico» (1966) che, smascherando gli artefici del binomio realtà/finzione, punta l’indice contro la commedia borghese, contro l’efficacia della catarsi drammatica, contro le abitudini e la sonnolenza intellettuale degli spettatori. Contro, in definitiva, l’asservimento a un tipo di rappresentazione che non sappia parlare di necessità e verità.
Dopo averne presentato una versione radiofonica su RadioTre nel giugno scorso a conclusione del ciclo «Il Novecento tedesco», Fabrizio Arcuri propone adesso un primo studio dell’opera in forma scenica (atteso per stasera al teatro Furio Camillo) che vuole sottolineare proprio la portata dissacratoria del testo nei confronti «del simbolo e della metafora, dell’espediente e della verosimiglianza», rimarcandone al contempo l’incisiva attualità.
«Naturalmente - scrive il regista, cui fa capo l’Accademia degli Artefatti, una delle formazioni di ricerca più vitali e coraggiose del panorama capitolino - la forza e l’efficacia del testo risentono degli anni trascorsi, ma c’è tuttavia una vena ironico-polemica che attraversa il testo che ha ancora un potere di attrazione molto forte e una possibilità di parlarci in modo vivo e concreto». A incarnare e animare il contenzioso dibattere di «Insulti al pubblico» (titolo assai poco frequentato sulle scene italiane: ricordiamo l’allestimento del gruppo Teatro Tre risalente al ’68 e quello della Compagnia della Fortezza realizzato nel ’99) ci sono qui Daria Deflorian e Pieraldo Girotto. Volutamente in disputa tra loro e con gli spettatori. Significativamente amplificati da un megafono che li rende, per così dire, personaggi pubblici.

«È come se - conclude Arcuri - si fossero appropriati del teatro per un’azione politica e ne rivendicassero appartenenze o, più tristemente, riscatti ipotetici, come se avessero in ostaggio la platea».
Repliche fino a domenica 22. Informazioni allo 06/58332305 o allo 06/7804476.

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